
Mara Fait, 63 anni: uccisa dal vicino di casa a Rovereteo (Ansa)
Trento, 29 luglio 2023 – Un’infermiera di 63 anni è stata uccisa dal vicino di casa a Noriglio, frazione di Rovereto, nella provincia di Trento. Si chiamava Mara Fait. L’uomo, Shehi Zyba Ilir di 48 anni, si è costituito.
È successo ieri sera intorno alle 20.30, in via Fontani. La donna, ex caposala all’ospedale di Rovereto, è stata aggredita nel piazzale davanti casa, sotto gli occhi dell’anziana madre Bruna. Il figlio trentenne, Lorenzo Giori, infermiere al pronto soccorso, era nell’appartamento e non ha assistito alla scena.
Secondo quanto finora accertato sembra che fra il killer e la donna ci fossero delle accese liti per questioni condominiali. L’ultima sarebbe sfociata poi nel delitto. "La situazione era stata denunciata, ma nulla è stato fatto”, denunciano adesso gli avvocati Flavio Dalbosco e Rosa M. Rizzi, legali della vittima sottolineando che le era stato “negato il codice rosso”.
Il delitto e poi la confessione
La vittima è stata colpita con un’accetta che l’assassino, un operaio edile di origini albanesi, usava per tagliare la legna. Forse l’uomo ha sferrato un solo colpo alla testa, fatale. Ma questo sarà confermato dall’autopsia. L’arma è ora sotto sequestro.
Dopo aver aggredito Mara Fait, il 48enne si è allontanato a piedi poi si è presentato dai carabinieri di Rovereto, confessando tutto. Ora si trova in carcere a Spini di Gardolo, a Trento.
Il reo confesso, da anni residente in Trentino e a quanto si apprende ben integrato sul territorio, vive in uno dei cinque appartamenti della palazzina. I restanti quattro sono di proprietà della vittima. Da anni liti e contenziosi legali avvelenavano la convivenza dei due vicini di casa.
Il 48enne ha raccontato di aver colpito alla testa la donna dopo l’ennesima discussione. Poi ha lasciato l’accetta in un cespuglio, dove è stata ritrovata, e si è diretto in caserma. Agli inquirenti ha detto di “non aver capito più nulla”.
La denuncia e “il codice rosso negato”
Lo scorso 15 marzo, la donna aveva denunciato – riferiscono i suoi avvocati in una nota – “anni di vessazioni, minacce e aggressioni in ambito condominiale subìte proprio da quel vicino che poi l'ha assassinata”. Aveva anche chiesto l'applicazione del codice rosso. Domanda archiviata – secondo i legali – dopo 7 giorni, sostenendo che “è compromessa l'attendibilità complessiva della Fait in quanto la vicenda viene ricondotta in un più ampio teatro di contrasto di vicinato condominiale”. “Nessuna indagine – proseguono Dalbosco e Rizzi –, nessuna audizione dei testi indicati e della denunziante, nessuna applicazione delle misure cautelari di protezione della vittima denunziante: eppure la denuncia era corredata da 19 documenti tra cui certificati del Pronto soccorso e da 11 testimoni dei fatti. Eppure il Shehi Ziba Ilir era già stato condannato per fatti similari”. Mara Fait ei suoi familiari “erano terrorizzati dalla situazione, increduli che – pure avendo denunciato i fatti di reato – nessuno li aiutava né li proteggeva”, insistono i legali.