Mercoledì 24 Aprile 2024

Non è giustizia mettere in piazza le vite degli altri

Bruno

Vespa

La cosa peggiore che poteva capitare ai pubblici ministeri “impegnati” era un ministro della Giustizia come Carlo Nordio che ha fatto il loro mestiere per quarant’anni e ne conosce lo smisurato potere. Con una differenza. Nelle sue inchieste – a cominciare dalla tangentopoli rossa del Veneto – Nordio ha usato le intercettazioni quando necessario. Ma i verbali non sono finiti immediatamente sui giornali, come è capitato ai suoi colleghi, che hanno favorito una sentenza popolare di colpevolezza senza aspettare la sentenza giudiziaria, spesso assolutoria. È difficile, alle persone di buonsenso, non condividere l’osservazione del ministro quando dice: "Se non interverremo sugli abusi delle intercettazioni, cadremo in una democrazia dimezzata".

Il potere giudiziario dei magistrati risiede nelle sentenze soggette a impugnazione. Il potere politico dei magistrati, assai maggiore, risiede invece nella abituale violazione del segreto investigativo volantinando ai giornali brandelli di dialoghi che spesso non hanno rilevanza giudiziaria, ma sono micidiali nella distruzione della reputazione e della vita privata dei soggetti investigati. Il caso Palamara è esemplare nella selezione delle intercettazioni. È stata messa in piazza la vita intima, oltre che politica, dell’ex magistrato, ma quando lui si è trovato a cena con il procuratore di Roma Pignatone, il troian, che tutto sente e registra, non avrebbe funzionato. Chi protesta per la limitazione delle intercettazione ai soli casi di delinquenza organizzata e terrorismo, teme il prosciugamento di una formidabile sorgente sulla quale dai tempi di Mani Pulite campano di rendita magistrati impegnati, politici protetti dalle procure e giornali che delle procure sono il braccio armato. I giornalisti italiani che seguono a Bruxelles il caso Panzeri sono disperati perché dalla procura belga non filtra nulla. È così difficile diventare un paese normale?