Giovedì 25 Aprile 2024

Nel birrificio che fabbrica molotov "Noi studenti siamo la resistenza"

Il racconto di Olena, informatica: "Il prof di Chimica del liceo ci ha spiegato come costruire bombe artigianali"

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di Salvatore Garzillo

LEOPOLI (Ucraina)

Bisogna entrare lentamente, la strada è piena di buche e le gomme dell’auto affondano in profonde pozzanghere di fango fresco. Questi alti capannoni diroccati in muratura, con le finestre rotte da chissà quanto tempo, una volta componevano un distretto industriale dove si produceva birra. Adesso è una delle basi della resistenza ucraina a Leopoli e le bottiglie di vetro servono per confezionare molotov. In fondo a questo labirinto di costruzioni diroccate c’è un gruppo di ragazzi che lavora alacremente, ognuno ha un ruolo preciso, non devono neppure parlare. C’è chi stappa le bottiglie, chi le riempie di liquido infiammabile, chi aggiunge polvere di alluminio e chi si occupa delle micce di tessuto.

"Questo è il nostro cocktail di benvenuto per i russi", ci spiega Olena, una studentessa universitaria di 21 anni che coordina e partecipa alle operazioni. "La maggior parte di noi fino a qualche giorno fa non sapeva neppure come era fatta una molotov, figuriamoci realizzarle. Abbiamo dovuto chiedere aiuto ai nostri insegnanti di chimica del liceo per avere consigli su sostanze, quantità, miscele. Un po’ come in Breaking Bad. Ma invece di produrre droga noi difendiamo il nostro Paese".

Mentre parla continua a "lavorare", in questo momento le tocca spaccare il polistirolo e scioglierlo in un bidone pieno di un forte solvente. Con un bastone di legno lo affonda e rimesta come preparasse la polenta. Sempre nello stesso verso. Dopo alcuni minuti ha una consistenza gelatinosa ma abbastanza liquida da poter essere versata nelle bottiglie con un imbuto. "Questo è micidiale, si attacca anche ai cingoli dei carri armati e li rallenta. A volte riesce anche a bloccarli. Almeno così ci hanno detto le persone a cui le abbiamo inviate nelle città dove si combatte per strada, soprattutto a Kiev. Per ora non le abbiamo ancora usate contro i tank".

Due auto infangate sbucano da dietro l’angolo, nessuno sembra preoccupato e capiamo subito dopo il perché. "Qui è un viavai di cittadini che vengono a portarci casse di bottiglie vuote da usare. Sono i nostri proiettili". La base scelta non è casuale, nei depositi c’erano centinaia di vuoti a rendere sopravvissuti al fallimento della fabbrica di birra. Ma ne servono di più e tutti sono chiamati a contribuire.

Per ironia della sorte proprio in questi giorni un’ordinanza del sindaco ha vietato la vendita di alcolici perché iniziava a esserci troppa gente in giro ubriaca e nessuno vuole trovarsi in un rifugio con uno sconosciuto molesto. Tutto attorno sembra il set di un film post apocalittico. "Anche noi lo dicevamo, anzi ci sembrava il set della serie Chernobyl. Poi ci siamo resi conto che è la stessa distruzione che c’è a Kiev, a Kharkiv, nel Donbass. Non vogliamo che anche Leopoli diventi così e faremo di tutto per fermare i russi".

Olena parla come un comandante esperto che guida la sua giovane truppa, composta il larga parte da giovani donne determinate. "Io non so nulla di guerra, frequento informatica, studio i sistemi di sicurezza e se non fosse stato per l’invasione di Putin avrei continuato a occuparmi di circuiti e codici binari applicati alla produzione industriale. Ora alcuni miei compagni di corso sono entrati ’nell’esercito’ della resistenza come hacker". Quasi tutti i componenti del gruppo indossano la mascherina, che in questo periodo in Ucraina è un oggetto misterioso. Non c’è tempo per il Covid. Qui le mascherine servono per i fumi dei solventi. "È una catena di montaggio, andiamo avanti senza sosta, dobbiamo fare presto perché ogni giorno potrebbe essere l’ultimo. Dobbiamo essere pronti a respingerli. E pensa che i russi continuano a dire di essere i nostri fratelli...".

È l’unico momento in cui Olena mostra segni di emozione, l’unico in cui si ferma. Ma dura un attimo, poi riprende a mescolare la sua strana pozione bianca. "Si dice che ogni generazione abbia la sua guerra, la nostra va avanti dal 2014 anche se il mondo sembra si sia accorto di noi solo nell’ultima settimana. Speriamo di non diventare un aggiornamento dall’estero in fondo al notiziario sportivo".

La molotov è pronta. Per puro caso hanno scelto una bottiglia di vino italiano, forse finita durante i festeggiamenti di capodanno. Sull’etichetta c’è scritto "Good year".