Pneumatici vecchi di 16 anni, usurati dai troppi viaggi e quindi insicuri. Ma anche la velocità sostenuta (l’ultima perizia ipotizza i 110 chilometri orari dove il limite era a 50). Sarebbero queste le concause che hanno convinto il giudice per le indagini preliminari di Reggio Emilia, Andrea Rat, a ordinare alla procura l’imputazione coatta per i due titolari della pizzeria per la quale lavorava la ventenne Elena Russo, morta in un tragico incidente in una zona appena fuori dalla città, durante una corsa in macchina per le consegne.
Lei, studentessa di Giurisprudenza a Modena, si pagava l’università consegnando pizze a domicilio, mentre coltivava il sogno di diventare avvocato e faceva volontariato per la Croce Rossa. Nella sera del 30 gennaio 2022, dopo le 20, la giovane si schiantò con la Fiat Punto del locale contro un palo, si rovesciò e perse la vita sul colpo. Una morte che sconvolse la città e l’ateneo Unimore, che poi alla giovane ha dedicato un’aula. "Una studentessa modello", si è detto.
Ma l’ordine d’imputazione per i due titolari della pizzeria arriva dopo una battaglia di perizie partita mesi fa. La decisione del gip scaturisce dalla relazione dell’ingegnere Mattia Strangi, nominato dal tribunale e sentito giovedì mattina a conclusione dell’incidente probatorio. Pure il pubblico ministero Enrico Finocchiaro ha condiviso l’esistenza di un rapporto di causalità tra norme violate per la sicurezza sul lavoro e il decesso: conclusione a cui gli avvocati della famiglia si sono associati. Di avviso opposto l’avvocato Nino Giordano Ruffini, che assiste i due titolari, secondo cui invece la tragedia derivò soltanto dall’alta velocità tenuta dalla ragazza, calcolata dal consulente della difesa attorno ai 130 chilometri orari in un punto dove il limite è dei 50. Un valore, quello della velocità dell’auto, stimato in modo variabile: per il primo esperto incaricato dalla Procura, Davide Manfredi, era sui 140 orari, e non si ravvisavano carenze della macchina; per l’ingegner Santo Cavallo, incaricato dai genitori, non più di 50, perché era buio e le condizioni della strada non avrebbero permesso di andare oltre. Il primo perito nominato dal tribunale, Silvano Simoncini, aveva stimato molto meno del valore della Procura; poi in gennaio il giudice ha disposto un supplemento istruttorio e giovedì Strangi, oltre a ravvisare il problema gomme, in base alle foto ha indicato una velocità sui 110.
Fatto sta che se inizialmente poteva apparire la classica disgrazia in cui si è fatto ‘tutto da soli’, la tenacia dei genitori Annamaria e Francesco, tutelati dagli avvocati Giulio Cesare Bonazzi e Simona Magnani, ha aperto un nuovo squarcio di verità e di possibili responsabilità.