Venerdì 26 Aprile 2024

Meloni e la Liberazione "Fu concordia nazionale, ma non finì la guerra civile" Il Pd: ignora l’antifascismo

La premier: quel giorno fu "uno spartiacque e segnò la conclusione del Ventennio fascista". Poi cita le Foibe e il sacrificio degli italiani in Istria. La Russa: "Resistenza, valore assoluto".

Meloni e la Liberazione  "Fu concordia nazionale,  ma non finì la guerra civile"  Il Pd: ignora l’antifascismo

Meloni e la Liberazione "Fu concordia nazionale, ma non finì la guerra civile" Il Pd: ignora l’antifascismo

di Cosimo Rossi

Tanto ha incalzato il Pd, da offrire alla destra di governo la ribalta del suo primo 25 aprile al governo. E forse anche qualcosa in più. Per quanti abbiano partecipato al grande corteo milanese e le altre manifestazioni locali, infatti, l’attenzione è tutta catalizzata dal contegno della maggioranza guidata da Giorgia Meloni, che affida alle colonne del Corriere della sera la propria interpretazione patriottica in chiave di "ritrovata concordia nazionale" della Festa.

Senza che ciò possa in alcun modo convincere il Pd, secondo cui la premier continua a rifiutarsi di pronunciare la parola "antifascista", come rimprovera il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Mentre la segretaria Elly Schlein esorta a "realizzare pienamente i valori e i principi costituzionali ancora non pienamente attuati", Ma l’attenzione è tutta per la destra. A cominciare dal presidente del Senato Ignazio La Russa, le cui parole sull’assenza dell’"antifascismo" dalla Costituzione avevano innescato la polemica. E che lasciando l’Altare della Patria afferma "il valore assoluto della Resistenza nel superare la dittatura e nel ridare all’Italia la democrazia". La Russa poi si reca a Praga per rendere omaggio a Jan Palach, il martire anti-comunista che nel 1969 si diede fuoco a Praga, in piazza San Venceslao, per protestare contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Il presidente del Senato visita anche il campo di concentramento di Theresienstadt (o ghetto di Terezín), vicino Praga.

A Napoli non partecipa alle celebrazioni il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Peraltro il clima è esacerbato dalla comparsa di alcuni manifesti che rappresentano la premier e altri esponenti di governo a testa in giù. Episodio che suscita suscita la dura reazione del centrodestra e la condanna del gesto. Dopo aver partecipato alla cerimonia ufficiale a fianco del Capo dello Stato Sergio Mattarella, la premier preferisce sottrarsi ai riflettori trascorrendo la giornata in famiglia. La propria opinione l’ha affidata alla lettera al giornale in cui ha fatto professione di "incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo".

Per Meloni il 25 aprile segna "uno spartiacque" che sancisce la fine "del Ventennio fascista, delle persecuzioni anti ebraiche, dei bombardamenti e di molti altri lutti e privazioni". Ma non "la fine della sanguinosa guerra civile", scrive Meloni ricordando l’esodo giuliano-dalmata e gli eccidi delle foibe. La lettera è accompagnata dalla fotografia dell’incontro con la medaglia d’oro Paola Del Din, la partigiana "Renata" della Osoppo, la brigata cattolica che fu vittima dell’eccidio di Porzus. Pur rivendicando la trentennale opera di revisione iniziata da Gianfranco Fini, Meloni insomma non abdica alla propria identità storico-politica e alla propria base. Ma rilancia. Proponendo perciò il 25 aprile in chiave di "ritrovata concordia nazionale" che "aiuti a comprendere e rafforzare il ruolo dell’Italia nel mondo come imprescindibile baluardo di democrazia".

Sulla scorta delle parole di Meloni, il vicepremier e ministro degli esteri Tajani si reca (con anche la senatrice Isabella Rauti) alle Fosse Ardeatine, mentre l’altro vicepremier leghista Matteo Salvini sceglie di recarsi in visita al cimitero americano di Firenze dopo la celebrazione in Palazzo Vecchio. A Bologna, infine, Galeazzo Bignami partecipa al corteo dichiarando il 25 aprile parte "del patrimonio di libertà e democrazia di cui oggi possiamo giovarci" grazie al "sacrificio di tanti uomini e donne".