Mercoledì 24 Aprile 2024

Maxi fondo Ue, finalmente arriva l’intesa L’Italia ci guadagna: risorse per 209 miliardi

Accordo di massima tra i Ventisette: prestiti a 360 miliardi, i sussidi scendono a 390. Ma per Roma il ’tesoretto’ cresce. Olanda e alleati vincono sugli sconti fiscali. E il freno d’emergenza dà anche a un solo Paese la possibilità di rallentare le misure.

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di Achille Perego

Meno sussidi (390 miliardi al posto di 500) e più prestiti (360 contro 250) per una cifra finale (750) che conferma l’importo del Recovery Fund previsto dalla Commissione Ue. È la bozza dell’accordo messa sul tavolo ieri sera da Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, alla riunione plenaria dei Ventisette Paesi europei, da quattro giorni riuniti a Bruxelles per il vertice straordinario del dopo-Covid chiamato, fra sofferte trattative e durissime battaglie, a varare il più grande piano finanziario dell’Eurozona per affrontare i danni economici causati dalla pandemia e rilanciare l’Europa.

A partire dal nostro Paese, il più colpito dal Coronavirus che, nella nuova versione del Recovery fund, secondo i primi calcoli, riceverebbe ancora più contributi: 208,8 miliardi rispetto ai quasi 173 originari. I prestiti salgono a 127,4 miliardi, rispetto agli 88,6 iniziali. Sul fronte sussidi, il taglio si limita a circa 3,8 miliardi: da 85,2 a 81,4. Contributi che sarebbero erogati a partire dal 2021 a fronte della presentazione del Piano nazionale delle riforme (Pnr) per cui ieri il Mef ha rivendicato con ambizione di avere elaborato un documento in modo "più avanzato e dettagliato rispetto a quello della gran parte degli altri Paesi europei".

Se fosse raggiunto un accordo sulla nuova bozza di compromesso di Michel ("Abbiamo lavorato molto duramente e questa proposta è il frutto del lavoro collettivo: sono consapevole del fatto che gli ultimi passi sono i più difficili ma sono convinto che un accordo sia possibile") sarebbe una vittoria per il premier Giuseppe Conte che insieme con Francia, Spagna e Portogallo ha eretto una linea di difesa dagli attacchi dei Paesi frugali (Olanda, Svezia, Austria, Danimarca e da ultimo Finlandia) che, guidati dal falco olandese, il premier Mark Rutte, spalleggiato dal collega austriaco Sebastian Kurz, fin dall’inizio hanno cercato di ridurre l’ammontare dei contributi a fondo perduto e chiesto di introdurre un potere di veto sui piani nazionali.

Una partita difficilissima che ha visto Conte, che ha trovato un asse con la Francia di Emmanuel Macron e sponda nella cancelliera tedesca Angela Merkel ("Situazioni straordinarie richiedono uno sforzo straordinario"), battersi per mantenere il più possibile i fondi destinati all’Italia. "Il mio Paese ha una sua dignità. C’è un limite che non va superato. È il momento di dare una risposta europea, non si può guardare all’ombelico nazionale", ha avvertito il premier italiano. Aggiungendo, rispetto alla minaccia di veto olandese: "Non permetterò mai che un singolo Paese possa avere il monopolio o la possibilità di un sistema di controllo e verifica".

La possibile svolta, dopo la lunga battaglia, verso un accordo è stata anticipata ieri dagli interventi cauti ma più ottimistici di un po’ tutti i protagonisti anche se per un’intesa completa restano altri temi divisori come quello del clima e dello Stato di diritto. I frugali, rimasti soli contro tutti (attaccati persino da Polonia e Ungheria), hanno fatto capire di essere d’accorso sulla riduzione a 390 miliardi dei sussidi anche perché hanno ottenuto un aumento dei rebates, gli sconti sui contributi al bilancio 2021-2027.

Tanto che Rutte ha parlato di "ottimo testo di bozza" riferendosi anche al meccanismo del super freno di emergenza. Nella nuova bozza presentata ieri sera, basterà un singolo Paese per attivarlo: "Se, in via eccezionale – si legge nella bozza – uno o più Stati membri ritengono che vi siano gravi deviazioni dal soddisfacente raggiungimento dei traguardi e degli obiettivi pertinenti" questi potranno chiedere al presidente del Consiglio europeo "di sottoporre la questione al successivo Consiglio europeo". Una volta attivato l’allarme, "la Commissione adotta una decisione sulla valutazione del soddisfacente raggiungimento" degli obiettivi fissati a livello Ue "e sull’approvazione dei pagamenti". Ma se la questione viene deferita al Consiglio europeo la Commissione non prenderà decisioni finché " "il prossimo Consiglio europeo non avrà discusso in modo decisivo della questione".