Venerdì 26 Aprile 2024

Mattarella striglia i partiti: uniti sul Pnrr

Il capo dello Stato: "Prova di maturità". Draghi ha fretta ma la maggioranza è divisa. Franceschini: la tenuta del governo non mi preoccupa

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di Antonella Coppari

L’appello di Sergio Mattarella stavolta è diretto a tutti, non solo alle forze politiche ma anche sindacati e imprese, alla società civile, al mondo dell’economia. Perché quando si tratta di Pnrr, una faccenda dalla quale dipende il futuro del Paese nei prossimi decenni, non basta il coinvolgimento dei partiti: "L’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è responsabilità di tutti. È una prova di maturità e coesione che non può essere elusa, per un avvenire di crescita sociale e economica e di riduzione delle diseguaglianze".

Che il Presidente prenda spunto dal congresso della Cisl per lanciare il suo messaggio sul "Cantiere Italia", subito prima del consiglio dei ministri odierno, forse è una coincidenza ma forse no. Una riunione dall’ordine del giorno anomalo: nessuna decisione da prendere, almeno ufficialmente. Si tratta soprattutto di fare il punto sullo stato del Pnrr, come a dire di quello che Draghi e con lui l’intero governo considerano il problema di gran lunga principale. "La tenuta dell’esecutivo – dichiara il ministro Pd, Dario Franceschini – non mi preoccupa". In effetti malgrado la fibrillazione continua, i toni altisonanti e comizianti, non è il principale cruccio di Draghi. Qualche rischio c’è, soprattutto sul capitolo guerra, ma se ne parlerà tra un mese. Per il resto nessuno vuole correre alle urne e dunque una mediazione alla fine si trova. L’esempio delle concessioni balneari è eloquente. La quadra sembrava lontana: Lega e FI sostenevano che fossero necessarie settimane, il che avrebbe permesso di scavallare le amministrative. Ma è bastato che Draghi puntasse i piedi, di fatto ordinasse di approvare il provvedimento entro il mese, e le ruote si sono oliate quasi per miracolo. L’intesa ancora non c’è – la commissione Industria al Senato ieri ha chiuso i lavori alle 20, a causa della partita Roma-Feyenoord – resta il problema di limare la norma sugli indennizzi, ma a questo punto i bookmaker danno l’accordo per quasi certo. Stamani c’è un’altra riunione, e poi si dovrebbe procedere con il voto.

Col Pnrr le cose sono meno facili. Sul tavolo i soldi messi da Bruxelles sono tanti, di qui l’allarme lanciato dal premier: "La mafia oggi è essenzialmente finanziaria, ma non metterà le sue mani su quei fondi". Resta il fatto che sul Piano non c’è mediazione che tenga: l’Europa chiede risultati concreti, esige il rispetto della tabella di marcia concordata, e i commissari Dombrovskis e Gentiloni, pochi giorni fa, hanno fatto capire che non ci saranno sconti. Ecco perché Draghi ha deciso di premere l’acceleratore a tavoletta, anche a costo di strapazzare i partiti della sua maggioranza, e chiede ora di fare il punto sullo stato reale delle cose. Vero è che sono stati approvati i provvedimenti quadro, però la macchina procede con lentezza, come sottolinea Confindustria: "La tensione riformista è rallentata da interessi di parte". Non solo mancano all’appello gran parte dei decreti attuativi, ma pochissimi cantieri sono stati aperti. A dicembre non saranno solo le riforme, ma anche le opere concretamente realizzate oggetto dell’esame severo della Commissione europea. E Draghi non ha alcuna intenzione di far trovare l’Italia impreparata al momento della prova più importante: "La credibilità – scandisce – è tutto".