Mercoledì 24 Aprile 2024

M5s sconfitti L’ennesimo autogol

Raffaele

Marmo

Diciamolo: Giuseppe Conte ha fatto tutto da solo per finire in una sorta di auto-trappola.

Il punto è che in un tempo di ferro come l’attuale l’Italia non può permettersi di avere su quella poltrona non solo un filo-putiniano come l’ex presidente Vito Petrocelli, ma neanche il portatore di una linea tiepida sull’atlantismo e sull’invio delle armi all’Ucraina come il senatore Ettore Licheri proposto da Conte. Serviva, tanto più dopo Petrocelli, un nome solido e di sicura affidabilità per la politica estera italiana: Luigi Di Maio, non a caso, ha sostenuto la senatrice Simona Nocerino.

Niente da fare, però. E qui sono subentrate le ragioni di bottega: Conte non poteva accettare una candidatura sostenuta dal suo ministro degli Esteri, anche se destinata al successo. Non poteva per non dargliela vinta. Dunque, avanti tutta verso il baratro. Ma, provvidenzialmente, in una eterogenesi dei fini, la politica ha saputo reagire, con la scelta saggia, ma anche simbolicamente efficace, di Stefania Craxi come nuovo presidente della Commissione della discordia.

Al leader grillino restano i cocci o le macerie di un partito a pezzi da tempo, come la sua leadership: la sconfitta di ieri è innanzitutto, se non esclusivamente, una débâcle dentro il suo movimento. A Palazzo Chigi sono preoccupati fino a un certo punto delle minacce dell’ex avvocato del popolo di lasciare la maggioranza e di spingere verso le elezioni in autunno. Dalle parti del Nazareno Enrico Letta e i suoi la pensano ugualmente e sono, più che altro, rassegnati rispetto agli strilli alla luna del possibile alleato. I motivi, in fondo, sono semplici e netti: più di 80 parlamentari dei 5 Stelle sono con Di Maio, pronti a sostenere Mario Draghi fino in fondo. Si dà il caso anche che 8 grillini su 10 sanno che non torneranno mai più in Parlamento: anticipare la fine non è un buon affare. Conte o non Conte.