Venerdì 26 Aprile 2024

L’urlo di Nicola: "Mamma, mamma" Il ritorno alla vita in un abbraccio

Il bimbo ha resistito 36 ore nei boschi. Il padre: "La mia compagna ha sempre creduto che fosse vivo"

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dall’inviato

Emanuele Baldi

"Mamma". La prima parola di ogni vita ferma il motore di una giostra vorticosa che ha spaccato il fiato, divorato i nervi, scheggiato la morte per poi rispalancarsi, con due occhi giganteschi – sbucati dagli sterpi di una montagna aspra ma caldo come il ventre materno – al cielo dolce del Mugello.

"Mamma" ha detto Nicola, germoglio d’uomo di 21 mesi, sbocciato dalla culla del suo bosco, buio eppure amico. Suo. Ha preso a battere come un motore in corsa il cuore di Giuseppe Di Tommaso, giornalista Rai, che ha sentito dalle frasche un gemito: "Nicola, Nicola".

Ha martellato il sangue nelle tempie di Danilo Ciccarelli, luogotenente comandante della stazione dei carabinieri di Scarperia, nel Mugello che parla ancora tosco: "Nicola, Nicola, arrivo". "Mamma" ha detto il bimbo spuntando con la testolina dall’erba e "io ho provato l’emozione più forte della mia vita" ammette il militare con gli occhi bagnati appena un po’. Segue la foto più bella delle foto più belle. Uno scricciolo di bambino – con un bernoccolo e un graffio alla gamba sopra il sandalino – che abbraccia il carabiniere con la fiducia pulita di chi ha l’anima di cristallo. "Non ha pianto". Non piange il piccolo Tarzan del Mugello.

Arriva la mamma vera, Pina. L’abbraccio è fortissimo, lieve, catartico. Arriva anche il babbo Leonardo. La commozione non si descrive, è un magma che si scioglie dalla pancia, anestetizza ogni fatica, allevia ogni dolore. Non contano più nulla le divise dei volontari, le giacche dei militari, le ciabatte degli abitanti del villaggio ’alternativo’ ai piedi del crostone di montagna che separa la Toscana dalla Romagna, tutto si scioglie.

Poi la corsa al Meyer, l’abbraccio del babbo in ambulanza, la mamma che corre con il suo bambino all’ospedalino pediatrico di Firenze che qui sembra distante come la luna. "Avevo qualcosa di fermo qui, nella pancia" dice Leonardo. Era terrore, terrore con il timer. Liquido, mobile, che avanzava con le lancette dell’orologio. "La vera forza è stata la mia compagna" dice poi. Lei che serrava le mascelle e si ostinava a crederci: "È vivo". Lei che "è stata forte", lei che "sapeva, se lo sentiva".

Palazzuolo respira a a pieni polmoni ora la sua aria da campagna dell’Ottocento. Respira questo popolo che ha il piglio toscano e la lingua di Romagna, la scaltrezza fiorentina e l’ardore forlivese. Si sono mossi tutti per Nicola, sono parole del sindaco Moschetti – che in queste ore è stato cercato da tv e giornali più di Biden – "si è mosso il prete, si sono mossi gli ambientalisti, si sono mossi i cacciatori di cinghiali". Eccolo qui il parroco, don Alessandro Marsili, che si è gonfiato i polpacci tra rovi e sterpi: "Questa scomparsa di Nicola è stata, detto tra virgolette, una cosa bellissima, perché ha fatto in modo che tutto il paese di Palazzuolo si mettesse in moto per cercarlo".

Ancora: "È stato un lavoro di squadra bellissimo, stancante ma grazie a Dio il bambino è stato ritrovato, con la sorpresa di tutti. Quando il bambino è stato portato all’elicottero ho visto che stava bene, era felice di aver ritrovato il babbo e la mamma , era disidratato ovviamente ma stava bene".

La sera da calda si fa tiepida in paese. La barista finisce d’impilare le bottigliette di minerale in frigo. "La Pina e Leonardo sono due pezzi di pane" dice. E poi si toglie, a nome di tutti, un sassolino dalla scarpa: "Ma davvero a Firenze voi pensate che un bambino di due anni appena non possa mettersi i sandali e camminare per tre chilometri? Perché pensate forse che i lampioni siano dappertutto come in città? Questi sono bambini di montagna, camminano nel buio, annusano la natura, gli alberi. E Nicola è figlio di questa terra". “Nicola, Nicola“ battono le mani i bambini in piazza mentre suonano le campane di un piccolo mondo antico.