Mercoledì 24 Aprile 2024

Alzheimer, l’ottimismo del geriatra. "Entro 5 anni avremo il farmaco"

Marco Trabucchi: anche le delusioni richiamano l’attenzione sulla malattia, evitiamo di spargere pessimismo

Marco Trabucchi

Marco Trabucchi

"Io ci scommetto, diamoci altri cinque anni e arriveranno le prime vere cure efficaci contro l’Alzheimer". Marco Trabucchi, cattedratico, presidente dell’Associazione italiana psicogeriatria, è un inguaribile ottimista.

Alzheimer senza cura. Gli ultimi test falliti e la ricerca a rilento ma la caccia continua

Come ha reagito all’annuncio dato da Roche, e in passato da Biogen, riguardante l’esito incerto delle terapie sperimentali per l’Alzheimer? "Personalmente eviterei di dare un giudizio negativo, definitivo, enfatizzando notizie di flop nelle terapie contro la demenza. L’ipotesi che la causa di tanta sofferenza vada cercata nei depositi di beta-amiloide del cervello, per quanto dibattuta, potrebbe resistere nell’ottica di una strategia terapeutica articolata su più fronti".

Si riscoprono le virtù dell’enigmistica, rinfrescare la mente con i giochi di società, gli integratori, l’attività fisica... "Raccomandare agli anziani gli stili di vita sani per limitare il deficit cognitivo è importante, ma alle famiglie dei malati che poi si aggravano cosa vai a raccontare? Nella demenza dell’uomo entrano evidentemente in gioco più fattori".

Oltre a indagare il ruolo della beta-amiloide nel cervello, su quali altre direttrici si muove la ricerca? "I filoni promettenti riguardano l’indagine delle alterazioni genetiche, le mutazioni, i meccanismi protettivi per evitare la distruzione del neurone, il ruolo della sostanza tau".

Come si fa a essere ottimisti e sostenere che arriveranno presto soluzioni efficaci? "Perché anche le delusioni richiamano l’attenzione su questa malattia, case farmaceutiche come Roche o Biogen stanno sviluppando anche altre molecole molto interessanti. Eviterei di spargere pessimismo".

Quali segnali devono essere colti per capire chi sta sviluppando una demenza? "Sono i familiari ad avvertire la sensazione che qualcosa sta cambiando, una persona dolce diventa aggressiva, pigra, meno affettuosa, dimentica le chiavi. Anche il medico di famiglia potrebbe avanzare un sospetto, e in quei casi mai essere fatalisti. Guai a far passare l’idea che tanto si invecchia e c’è poco da fare. Improponibile una regola generale ma nel dubbio, ai primi sintomi, consultare il medico".

La demenza neurologica è un male del mondo moderno? "C’era anche nell’antichità, ce ne accorgiamo più facilmente oggi perché si tende a vivere di più, in passato si moriva a quarant’anni".

Ma il declino cognitivo si può camuffare? "Posso rispondere citando il caso di Ronald Reagan: sappiamo a posteriori che iniziava a manifestare segni di Alzheimer già verso la fine del suo mandato di presidente degli Stati Uniti, grazie a una serie di accortezze del suo staff i sintomi da principio vennero mascherati".

Come distinguere le comuni dimenticanze, che hanno tutti, da una amnesia segno di iniziale demenza? "La visita di un medico esperto è già in grado di discriminare, in più abbiamo test neuropsicologici, diagnostica per immagini, Pet, e la ricerca dei marcatori con la puntura lombare".

Che raccomandazioni darebbe ai giovani medici impegnati in corsia? "Avvicinare le persone con demenza richiede grande sensibilità, occorre capire quanto dolore c’è dietro ogni singola storia".