Mercoledì 24 Aprile 2024

Legge sul fumo: vent'anni fa i divieti, ma ora le sigarette sono tornate di moda

Nel 2003 il ministro Sirchia bandì le 'bionde' dai locali pubblici. Per l’Italia fu uno choc. Dal 2020 però sono ri-aumentati i fumatori

L'aumento dei fumatori in Italia

L'aumento dei fumatori in Italia

Roma, 16 gennaio 2023 - Pensa quante storie, che tragedie. Non si abitueranno mai perché hanno la disobbedienza nel sangue, smetteranno di andare a mangiare fuori e crollerà l’economia. E invece gli italiani hanno sorpreso tutti, anche se stessi, per la facilità e la serietà con cui hanno detto basta al fumo dove si lavora, si cena, si prende il caffè. Siamo stati fra i primi in Europa, siamo diventati i più severi. Il 16 gennaio 2003 veniva varata la legge Sirchia che lo bandiva nei luoghi pubblici al chiuso. Sono cambiate le abitudini, l’etichetta sociale. E il ragazzo napoletano che un minuto dopo la mezzanotte del 2005, quando entrarono in vigore le nuove norme, si ritrovò con la sigaretta in mano e la prima multa da 27,50 euro, va considerato il protomartire di una battaglia di civiltà che ha trasformato il nostro mondo. Bar, ristoranti, uffici: tutti sgravati all’improvviso da quelle nubi tossiche perenni a cui anche i non fumatori si arrendevano per abitudine o per educazione.

È difficile ricordare come eravamo prima, quando il vicino di tavolo accarezzava l’accendino evocando quello che avrebbe fatto appena finito l’antipasto e poi di continuo, in un loop eterno tra una portata e l’altra. Nessuno avrebbe mai pensato di infilarsi il cappotto e andarlo a fare all’aperto sotto la neve. O in un’apposita camera a gas vicino a colleghi incarogniti dall’astinenza. Ci fu, all’inizio, chi sognava la Francia per questioni di prossimità e perché lì ci vollero altri due anni per il giro di vite. Una cena a Parigi, foie gras nel piatto e miccia in bocca: il massimo per i viziosi incalliti che si sentivano derubati del piacere più grande. La legge incontrò forti resistenze prima del parto, ma poi filò tutto liscio. E in due decenni il numero dei fumatori si è ridotto in maniera significativa, a parte l’impazzimento degli ultimi due anni. Se tra il 2003 e il 2020 i tabagisti con più di 15 anni erano scesi dal 33 al 22%, tra 2020 e 2022 c’è stato un nuovo balzo in avanti: 24,2%, in termini assoluti 800mila fumatori in più rispetto agli 11,6 milioni dell’era pre-Covid. Colpa dell’effetto fine del mondo, dei lockdown. Non si sa. E chi trova l’alibi del tabacco riscaldato o della sigaretta elettronica sa di essere considerato un mezzo bugiardo.

Ma indietro non si torna. "I cittadini hanno capito il senso di questa grande battaglia – dice l’ex ministro Girolamo Sirchia –. Si sono resi conto che la legge non guarda agli interessi specifici di qualcuno ma alla salute e alla vita. Sono stati loro a difendere il provvedimento dai continui attacchi delle multinazionali del fumo più di quanto abbia fatto la politica". Ricorda quanto fu osteggiata, quella legge, prima di essere approvata: "Ha ferito l’industria del tabacco e abbattuto i consumi. Molto diverso dal calo registrato con l’introduzione della sigaretta elettronica e del tabacco riscaldato, perché in quel caso si è trattato di un semplice travaso dai metodi tradizionali. Naturalmente, come tutte le cose che feriscono, c’è ancora chi cerca di indebolirla".

L’agenda antifumo, secondo chi l’ha varata, richiede oggi un nuovo impegno perché ogni anno in Italia sono ancora attribuibili al fumo più di 93mila morti. Si dovrebbero, per esempio, allagare le norme ai nuovi prodotti. Ed estenderle in tutti i locali che "vengono dichiarati all’aperto ma tra tettoie e tendoni di aperto hanno ben poco". Prima di Sirchia ci aveva provato senza spirito proibizionista e senza successo un altro ministro caparbio e lungimirante, Umberto Veronesi. Il ddl fu approvato a fatica, poi naufragò in Parlamento. Ma il fallimento politico infranse un tabù e aprì il dibattito: niente, a quel punto, era più scontato.

La lotta al fumo è una vecchia storia tormentata. Un Regio Decreto del 1934 proibiva la vendita del tabacco ai minori di 16 anni, mentre la legge 907 del 1942 disciplinava per la prima volta la materia del contrabbando. Ci vollero vent’anni perché nel 1962 un’altra legge stabilisse il divieto di propaganda pubblicitaria, ma solo l’11 novembre 1975 arrivò lo stop al fumo sui mezzo di trasporto, nelle aule scolastiche e nelle corsie di ospedale, nei cinema e nelle sale da ballo. Gli anni Novanta inaugurarono la stagione della battaglia contro il fumo passivo e il nuovo millennio portò alla svolta decisiva, digerita senza sforzo. Oggi ci sono clienti di parrucchieri che escono in strada a fumare con la tinta in testa. A loro va ricordato che persino Camilleri giurava di riuscire a stare senza un tiro anche per tre ore.