Giovedì 25 Aprile 2024

La piazza del Pd Europa e Bella Ciao, Letta scuote i dem "Noi siamo il futuro"

Chiusa a Roma la campagna elettorale, lo stato maggiore sul palco. Franceschini: "Destra eversiva e pericolosa, non passerà"

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di Ettore Maria Colombo

"Viva l’Europa! Viva l’Italia! Viva l’Italia democratica e progressista! Viva il Pd! Andiamo a vincere le elezioni domenica!" grida Enrico, al termine del comizio del Pd a piazza del Popolo. Lo striscione gigante, e lo slogan della campagna, è "Scegli". Tutti insieme, sul palco, dietro Letta, provano a dare un’impressione di unità, di "un gruppo dirigente tutto compatto col segretario".

Ma va anche detto che, in piazza, la gente c’è. Molti gli anziani, ovviamente, ma pure i giovani e tanti i sindaci che hanno ‘cammellato’ i loro, coordinati dal capo dei sindaci Pd, Matteo Ricci. Paradossalmente, sembra che ci sia più gente del giorno precedente, quando in piazza era disceso, e insieme, il centrodestra. Invece, il Pd è da solo, cioè senza gli alleati di coalizione (Verdi-SI, +Europa, Impegno civico) che hanno chiuso le loro campagne elettorali ognuno per conto proprio. Non proprio un esempio di unità, per la coalizione di centrosinistra. A fare massa (si fa per dire) ci sono i simboli più piccoli, inglobati nel listone "Italia Democratica e Progressista": Psi, Articolo 1 (Speranza), Demos, Repubblicani, etc.

Ma insomma, è la piazza del Pd: si vede e si sente soprattutto: "Bella ciao" risuona più di una volta, con tanto di orchestrina che la suona dal palco, ma la colonna sonora è Live is life degli Opus, vecchia hit degli anni Ottanta (Meloni aveva scelto Pupo).

A differenza del comizio del centrodestra, dove hanno parlato solo i tre leader, al ‘comizione’ del Pd, ‘democratico’ per definizione, parlano un po’ tutti, ma i tempi sono contingentati (due minuti) e e pure inflessibili. Gli oratori sono una dozzina. Tra gli altri, parlano il sindaco di Roma Gualtieri, le due capogruppo uscenti Serracchiani e Malpezzi, e i tre ministri uscenti (Guerini, Franceschini, Orlando). Parlano poco pure loro e filano via lisci, l’ex Dc-PPI-Margherita Franceschini invece si esibisce in una tiratona antifascista: "Abbiamo di fronte una destra estrema, eversiva e pericolosa: non passeranno!". Poi, tocca a Roberto Speranza, molto applaudito che definisce Meloni "una irresponsabile".

Infine, oltre Elly Schlien, di cui parliamo di fianco, ci sono altri amministratori: i governatori Emiliano e De Luca, che fa il suo solito show, e Stefano Bonaccini - la cui presenza serve a testimoniare che non vuole fare le scarpe al segretario in carica, ove il Pd andasse malissimo (non è vero, ma non importa), e di Alessandro Zan, cui Letta chiede un atto di fede ("la tua legge la approveremo nella prossima legislatura": a Roma gli si direbbe: ‘ciao, core’), arriva il turno del segretario.

Emozionato, con dietro tutto lo ‘squadrone’ dem, e detto che il tono da ‘comiziante’ non è il suo né gli addice, Letta ce la mette tutta per convincere i militanti (già convinti) e gli elettori (assai meno), specie i più giovani, cui ha fatto diversi appelli al voto, che ‘devono’ votare Pd, domenica prossima. "Loro sono l’Italia del passato, noi l’Italia del futuro – scandisce le parole Letta che poi pigia, cambiando verso (ma solo in calcio d’angolo) a una campagna elettorale in cui il Pd ha parlato più di diritti civili che di diritti sociali, su "meno tasse sul lavoro, meno precari, scuola, anziani, sanità". "Loro vanno solo a Budapest, noi a Berlino", dice ancora, per testimoniare che il Pd sta dentro, e a pieno titolo, nelle famiglie europee che contano, e chiude con le, ormai note, parole di David Sassoli sulla speranza, dicendo che "siamo in rimonta". Le previsioni non dicono questo, ma ieri era il giorno dell’orgoglio dem. E la festa non è stata rovinata.