Venerdì 26 Aprile 2024

La mozione M5s agita il governo "Basta armi a Kiev". Mosca ringrazia

Martedì si vota. Un testo grillino chiede all’Italia di interrompere gli aiuti militari. Esulta l’ambasciatore russo

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di Ettore Maria Colombo

"La logica secondo cui la massiccia fornitura di armi all’Ucraina sarebbe un mezzo per arrivare alla pace mi sembra quantomeno bizzarra. Questa logica, a quanto mi risulta, è lungi dall’essere condivisa da tutti, anche in Italia". Con una “logica“ da pacifista (peloso più che irenico), l’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, entra in corpore vili del dibattito pubblico italiano.

Come ormai sanno anche i sassi, in previsione del Consiglio europeo del 22-23 giugno, il premier Draghi affronterà il consueto dibattito parlamentare che lo precede. I regolamenti delle Camere permettono, oltre al dibattito, la discussione e il relativo voto su mozioni di indirizzo sulla missione del premier in sede Ue. I 5stelle, però, contrari all’invio di armi in Ucraina (ne sono stati già autorizzati ben tre, di invii), non vedevano l’ora di misurarsi con gli altri partiti per testimoniare, specie davanti l’opinione pubblica e una guerra ormai “impopolare“, il loro pacifismo. Idem la Lega. È dunque iniziato un lungo e intenso lavorìo diplomatico per evitare incidenti. L’incarico è stato affidato al sottosegretario agli Affari comunitari, Enzo Amendola, fine diplomatico capace a smussare angoli col sorriso.

Diverse, fino a ieri, le riunioni, ma finora c’era solo una bozza di testo che, in teoria, sarà scritto solo domani, cioè il giorno prima che Draghi si rechi in Parlamento. La bozza del testo, per chi l’ha letto, è stringata, il più aderente possibile all’ordine del giorno del consiglio Ue (domanda di adesione dell’Ucraina alla Ue per decidere se concederle lo status di candidata, questioni economiche come le sanzioni, crisi alimentare, ipotesi di un nuovo Recovery ecc.), senza alcun riferimento all’invio di armi in Ucraina e tutto sulla via diplomatica. Ieri, però, il patatrac. Le agenzie diffondono un testo che proviene da "ambienti del M5s" (quelli del Senato, i più duri, pur se la capogruppo Castellone ne nega sdegnata la paternità) che mette, nero su bianco, il no all’invio di altre armi.

Il testuale della mozione (del M5s, ma senza firme) recita: "Si impegna il governo a non procedere, stante l’attuale quadro bellico in atto, a ulteriori invii di armamenti che metterebbero a serio rischio una de-escalation del conflitto pregiudicandone una soluzione diplomatica". Apriti cielo. Mentre nel M5s ci si affronta a colpi di filo-atlantismo (l’ala Di Maio) e pro-pacifismo (i contiani), tutti gli altri partiti vanno in ambasce. Amendola riunisce di nuovo i capigruppo di maggioranza, in vista di lunedì. Il rischio di una conta, in Senato, dove i numeri sono ballerini, è alto. La linea, però, resta la stessa della bozza. Ma la notizia del documento alternativo preoccupa tutti, non solo Di Maio. L’irritazione nel Pd cresce. "Lavoriamo a un testo unitario" dicono i dem, furibondi. Ma la confusione regna sovrana e allora ecco che i dem lanciano un avvertimento: "Qualsiasi fuga in avanti o iniziative parziali rischiano di complicare il lavoro". I parlamentari pentastellati delle commissioni Politiche Ue ed Esteri provano ad assicurare che "stiamo lavorando uniti sulla risoluzione di maggioranza", ma ribadiscono che "vogliamo inserire nella risoluzione due concetti basilari: la de-escalation militare e la centralità del Parlamento per ogni scelta sulla guerra in Ucraina". I dimaiani insorgono.

Il clima nei 5 stelle esplode. Nel resto della maggioranza pure. Salvini ci mette del suo: "Qualche milione di euro in meno per le armi in Ucraina e qualche milione in più per il lavoro in Italia male non farebbe". La tensione è alle stelle dentro la maggioranza. E resta il dubbio: chi ha scritto la mozione M5s? Aveva l’ok di Conte? Se sì, la linea è quella, la vita del governo è a rischio.