Venerdì 26 Aprile 2024

La metà degli universitari non vuole tornare in aula

Una ricerca su 23.000 studenti: "È meglio ricevere le lezioni a casa online". Ma senza la relazione con i docenti gli atenei diventano un “delivery“ come tanti

Laurea

Laurea

Roma, 17 lugio 2021 - Che cosa succede all’Università? La metà degli studenti non ritiene interessante tornare a lezione in presenza. Il dato emerge da una ricerca condotta dai sociologi Giuseppe Monteduro e Livia Petti dell’Università del Molise, e da loro colleghi di diverse università su un campione vasto, 23.000 studenti. Se alla metà di questi non interessa più tornare a frequentare le aule, ma trovano meglio ricevere le lezioni a casa online, sorge un interrogativo urgente.

Che cosa è una lezione universitaria? Del resto, strano paradosso, l’altra metà che dice di voler tornare in università motiva la scelta per il desiderio di socialità, di servizi e di amicizie, più che per la relazione con i docenti. Quelli che vogliono stare a casa tengono alle lezioni, ma tutto sommato equiparandole a momenti di tutorial intorno a un argomento, come se ne possono trovare a bizzeffe su ogni materia in rete.

E dunque, cosa succede all’Università, tutto bene? O forse la nuova vita e le nuove opportunità create dalla pandemia hanno svelato questioni profonde finora malcelate? Sappiamo che a seguito di varie riforme oggi fare l’università è dare ore di attenzione a lezione e esami in cambio di "crediti". Tale impostazione ha ingenerato inevitabilmente un paradosso in una istituzione che, come è noto, nacque in Italia a Bologna intorno al 1088 su un modello opposto: studenti che si recavano in un luogo desiderosi di incontrare (e pagare) dei maestri con cui intrattenersi in lezioni e conversazioni.

Ora invece l’Università sembra proporsi come erogatore di servizi e prestazioni, e dunque cade inevitabilmente, nell’era del delivery, delle consegne a domicilio, al rango di prestazione di servizi di mera istruzione. Non solo ne esce intaccato il ruolo che l’Università ha sempre avuto di elaborazione culturale collettiva e sociale, ma soprattutto è discusso il ruolo dei docenti che non è più di tanto interessante incontrare e frequentare. Certo, i dati emersi dalla ricerca vanno analizzati anche più approfonditamente, valutando le diversità tra facoltà o scuole e tra atenei, ma di certo una luce screziata di inquietudine scende sui nostri atenei.

Si farà ancora finta di nulla? Certo, la didattica a distanza, se usata con criterio, può essere una risorsa. Ma se è una semplice sostituzione, significa che ciò che esisteva prima deve essere interrogato a fondo. E che forse i nostri ragazzi meritano di più.