Giovedì 25 Aprile 2024

La Cina muove verso Kabul orfana degli Usa

Mario

Arpino

La Cina guarda con attenzione al perimetro geografico Ovest. Interesse in primo luogo economico, che ha come strumento la buona politica e, perché no, anche il potenziale militare. Se ragioniamo da geopolitici, è indispensabile avere in mente i confini: a nord-ovest troviamo Kirghizistan e Kazakistan, a sud-ovest Buthan, Nepal e India, al centro, Pakisatan, Afghanistan e Tagikistan. Per la maggior parte questi Stati, a parte i rapporti in ambito SCO (Shanghai Cooperation Organization), sono in qualche modo sotto la tutela della Russia.

Con l’India, che ha anch’essa un rapporto storico con Mosca, la Cina è spesso in stato conflittuale, sfociato anche di recente in scaramucce di confine. Invece con il Pakistan, specie nel dopo Musharraf, si è reciprocamente mantenuto un buon rapporto di fiducia ed amicizia, anche in funzione anti-India.

Quale unico spazio “libero” per i cinesi, dopo il ritiro di Usa e Nato, rimane l’Afghanistan. Quello fragile del governo attuale, quello inclusivo secondo i patti di Doha – chiusura con al-Qaeda e Stato Islamico (IS) –, oppure quello che in questi giorni si sta delineando, ovvero governo monocratico dei Talebani, con la sharia quale unica legge? Certo, come transito della Nuova Via della Seta il territorio afghano è piuttosto scomodo. Ma se talebani e pakistani consentissero il passaggio per le cinque nuove strade che raggiungono l’Afghanistan, tutto diverrebbe molto più appetibile. Se poi le “affittassero” il porto di Gwadar, per la Cina l’amicizia con i due Paesi sarebbe un vero salto di qualità.

Dei colloqui di Doha in realtà sappiamo poco o nulla. Quello che siamo riusciti a vedere sulla carta è soltanto un misero comunicato di quattro paginette. Eppure, a quel tavolo il convitato di pietra era senz’altro la Cina. Cosa mai si saranno detti? Lo sapremo presto, dopo che i talebani avranno conquistato gli ultimi distretti.