Venerdì 26 Aprile 2024

La base grillina: intese organiche a sinistra Zingaretti esulta, per Di Maio è una nuova era

Arriva l’ok dalla piattaforma Rousseau, ma i big avevano già sdoganato la svolta. Cade anche il limite dei due mandati. Possibili convergenze nelle prossime regionali, si lavora a un accordo nelle Marche. Il ruolo di Grillo e le perplessità di Casaleggio.

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di Giovanni Rossi

Tra Movimento 5 Stelle e Pd sta per cementarsi un’alleanza diversa: a voler essere ottimisti, strutturale. Un evento impronosticabile alla nascita, tra mille sospetti, del Conte-bis solo per sbarrare la strada a Matteo Salvini. A sancire la svolta è la doppia consultazione referendaria promossa in velocità sulla piattaforma Rousseau. "Inizia una nuova era per il Movimento 5 Stelle nella partecipazione alle elezioni amministrative", esulta Luigi Di Maio. L’ex capo politico è arciconvinto: "Abbiamo scelto di incidere. Di provarci".

Alla vigilia di Ferragosto, con meno di 40mila schede elettroniche, la base pentastellata ufficializza con buon margine quel che la maggioranza dei vertici desidera: l’abbattimento degli ultimi due totem del Movimento, ovvero il divieto di terzo mandato elettivo e l’indisponibilità genetica ad alleanze con liste civiche o partiti tradizionali prima del voto. I quesiti riguardano la sfera locale, ma il risultato riverbera inevitabilmente in campo nazionale, conferendo robustezza democratica e agibilità prospettica alla rotta di vera alleanza che Pd e 5 Stelle stanno perseguendo, con il fondatore Beppe Grillo primo sponsor del Conte-bis e risoluto a portare la legislatura a scadenza naturale.

Perché non è più tempo di slogan. L’autunno caldo alle porte suggerisce di dare priorità ai fatti. Così, dopo anni di abiure sistematiche, i pentastellati rinunciano anche alle ultime bandiere identitarie. È il segnale – assieme alla rabbia degli sconfitti Casaleggio-Di Battista – che nel calderone romano bolle qualcosa di importante. "Siamo cambiati in questi anni – scrive il presidente della Camera Roberto Fico – e continueremo a farlo. Questo significa maturare, imparare dagli errori e scrivere nuove pagine". Non a caso il leader del Pd Nicola Zingaretti accoglie con favore il voto pentastellato: "Un fatto positivo – commenta –. Siamo un’alleanza tra forze diverse che rimangono diverse, ma per governare bisogna essere alleati, non si può essere avversari". Naturalmente non mancano le spine. Su tutte le Comunali di Roma: "Non sosterremo mai la ricandidatura della sindaca Raggi" mette in chiaro il segretario dem, mentre l’ala minoritaria pentastellata spinge la sindaca al tutto per tutto. Di Maio sta al gioco in nome di obiettivi più alti. "La scelta è una: continuare a combattere per cambiare il Paese o restare a guardare". Sono lontani i giorni in cui i grillini gridavano "mai col partito di Bibbiano". Oggi M5s e Pd rimettono reciprocamente le rispettive querele e cause di risarcimento danni. Italia Viva e l’ala riformista del Pd avvertono il nuovo clima. "Non moriremo populisti", commenta la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova (Iv). M5s fa "almeno finta di chiedere alla base. Il Pd manco quello: dal ‘mai coi 5 Stelle’ al ‘nuovo centrosinistra’ senza fare un plissé", twitta il sindaco di Bergamo Giorgio Gori.

Con le regionali alle porte, gli azionisti di maggioranza del governo vogliono esplorare orizzonti comuni. Nelle Marche il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, primo a sdoganare localmente l’alleanza del Pd coi 5 Stelle, chiede al pentastellato Gian Mario Mercorelli di ritirarsi dalla corsa alle regionali e correre come vice del dem Maurizio Mangialardi. "Ipotesi che non prendo nemmeno in considerazione – risponde Mercorelli –. Meno che mai con l’attuale candidato del Pd". Storia nota: i territori rivendicano libertà, le convergenze nazionali segnano altre rotte.