Mercoledì 24 Aprile 2024

La Babele delle sette generazioni

Paolo

Giacomin

Un pianeta, sette generazioni. È la prima volta che accade: le quattro generazioni, separate dai classici, statistici, 25 anni, diventano sette perché amplificate dalle accelerazioni della storia, dalle innovazioni tecnologiche e dalla trasformazione digitale.

Lo evidenzia bene uno studio della Fondazione Nord Est curato da Gianluca Toschi che, grazie alle ricerche di Isabella Pierantoni per il Rapporto 2022 – accende più fari sui legami tra calo demografico e decllino economico e conseguenti stati di necessità, specie per Paesi come l’Italia che registrano numeri impietosi. Uno per tutti: su 4,5 milioni di Baby Boomer occupati entro il 2025 ne andranno in pensione 1 milione; quindi, i pensionati passeranno da 16 a 17 milioni, contro 23 milioni di occupati. si parla di generazioni non ci si può limitare a considerare l’età – spiega Pierantoni – ma occorre soprattutto considerare il modo di pensare e di guardare al mondo, che è condiviso da persone che sono nate nello stesso periodo. L’idea di partenza di questo diverso modo di definire le generazioni è che gli eventi storico-sociali, economici o politici che i bambini vedono accadere mentre diventano grandi – tra i 7-8 anni e i 13-14 – contribuiscono a formare la loro visione del mondo, a costruire il senso di sicurezza e di fiducia, insieme all’idea di futuro per cui varrà la pena vivere e combattere".

Chi è cresciuto negli anni ’70, per esempio, avrà sentito parlare molto di crisi energetica, di disoccupazione o del diffondersi della tossicodipendenza e potrebbe essere incline a chiedere sicurezza. I baby boomers che hanno visto lo sbarco sulla Luna sono la gnerazione più ottimista. I Millennials, e via via, i più giovani hanno avuto accesso da nativi a una serie di tecnologie che hanno modificato il rapporto con il lavoro. Una generazione che cambia posto di lavoro ogni tre o quattro anni, se non viene motivate adeguatamente e se le aspettative vengono frustrate. I Millennials e i membri della X Generation sono quelli che chiedono con maggior frequenza di lavorare in remoto, di avere una maggiore flessibilità di orario e luogo di lavoro e anche autonomia nel raggiungimento degli obiettivi.

"Solo le società e le imprese – è la conclusione – che riescono a fare dialogare le diverse generazioni, superando la Babele di linguaggi e approcci culturali alla vita e al lavoro, migliorano produttività, reddito e benessere". La coesistenza di più generazioni sui luoghi di lavoro diventa, così, anche un obiettivo di politica industriale: senza attrarre e trattenere talenti – come spiega un altro report di Fne – pagheranno il conto anchee locomotive industriali come Lombardia, Veneto ed Emillia-Romagna –, obbligate per crescere a puntare su prodotti ad alto tasso di complessità e valore aggiunto.