Mercoledì 24 Aprile 2024

L’Italia sospende i vaccini AstraZeneca Psicosi e caos, ma gli scienziati rassicurano

Stop in mezza Europa. Allarme in Germania: riscontrata una rara forma di trombosi. L’Aifa: pausa precauzionale. Giovedì il verdetto Ema

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di Antonella Coppari

L’Italia si allinea con l’Europa. Ieri pomeriggio, il premier Draghi ha accolto la richiesta del ministro Speranza di uniformare l’Italia ai paesi più grandi dell’Unione. Il titolare della Salute, che si era già sentito con i colleghi di Francia, Germania e Spagna, era al corrente che avrebbero sospeso la somministrazione del vaccino AstraZeneca. Il nostro paese fa lo stesso: l’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) blocca tutto fino a giovedì, quando l’Ema (l’Agenzia europea) deciderà se si può escludere ogni nesso con i casi di trombosi (anche rare tra i tedeschi) i decessi che si sono verificati in queste settimane. In realtà a spingere il ministro è stata, oltre alla già determinante scelta dei partner Ue, anche la percezione di un possibile intervento della magistratura.

"Si tratta di una sospensione temporanea e cautelativa: la vaccinazione ripartirà certamente dopo il 18". Le fonti di governo martellano ripetendo questo messaggio. Sulla stessa lunghezza d’onda la stragrande maggioranza degli esperti. E il direttore della Prevenzione del ministro della Salute, Gianni Rezza aggiunge: "Confidiamo che chi ha ricevuto la prima dose (ad oggi 1.092.979 italiani) riceverà la seconda nei tempi previsti". La stessa Aifa fa sapere che renderà note "tempestivamente" le modalità per completare la vaccinazione. Ovviamente con gli altri farmaci la somministrazione continua.

La preoccupazione è però a livello di allarme rosso. Perché se le cose non dovessero andare così, se il verdetto dell’Ema dovesse slittare o peggio ribaltare le previsioni della vigilia (la stessa Agenzia sostiene che eventuali rischi sono "comunque" superati dai benefici) l’intero piano vaccini italiano verrebbe travolto. In queste ore sono saltate decine di migliaia di prenotazioni, ma ove lo stop andasse avanti, verrebbero a mancare, fino a settembre, il 26% delle vaccinazioni: a quel punto, scatterebbe un vero e proprio effetto domino, perché l’allungamento dei tempi nel pieno della terza ondata imporrebbe probabilmente chiusure più lunghe o più drastiche, magari sia l’una che l’altra.

Sì, perché entro il 31 marzo, sono attese 2,9 milioni di dosi di AstraZeneca (secondo i dati della Salute), mentre nel secondo e terzo trimestre almeno 34,81 milioni di dosi. Se malauguratamente si dovesse arrivare ad un blocco prolungato per il vaccino rischieremmo di avere da qui a fine settembre quasi 19 milioni di vaccinati in meno. Un disastro che farebbe totalmente saltare l’obiettivo dell’immunità di gregge con l’80% della popolazione vaccinata atteso entro il prossimo 21 settembre.

Uno scenario fosco che il governo non prende in considerazione: nessun piano B, allo stato. Bensì un pressing perché l’Ema sciolga il nodo rapidamente. Ma se pure tutto filasse liscio, se tutto cioè andrà come nelle ottimistiche previsioni del governo e da venerdì le vaccinazioni con AstraZeneca riprenderanno, l’impatto resterà. Al Ministero, un po’ sconsolati, lo danno per cento, consapevoli che pesa pure il cambio di passo dell’Aifa: solo 24 ore fa, con il presidente Palù, garantiva sulla sicurezza del farmaco. Nonostante la società produttrice, l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Università di Oxford, le autorità sanitarie britanniche e il premier Johnson insistano che non ci sono controindicazioni, Speranza – d’intesa con il direttore generale dell’Aifa Magrini – ha optato per la scelta prudenziale che più d’uno screzio, raccontano, ha causato con Palù. Vero è che a disdire le prenotazioni erano stati molti italiani dopo i casi di trombosi. Ma una sospensione totale in tutti i grandi paesi europei, per quanto precauzionale, non potrà che moltiplicare l’effetto di deterrenza. Come è noto la campagna vaccinale è una delle priorità di Draghi. Non a caso, il dossier è stato sul tavolo di un duplice incontro che il presidente del consiglio ha avuto ieri pomeriggio: con il governatore del Lazio Zingaretti. E con il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio. Per ora il premier non ha ritenuto necessario rivolgersi agli italiani. Giovedì, qualunque sia il verdetto, potrebbe essere necessario che dica qualcosa gli italiani. Per spiegare la nuova crisi nell’ipotesi peggiore. Per rassicurare e evitare che paura e panico prevalgano nella migliore.