Mercoledì 24 Aprile 2024

L’Italia si occupi della Tunisia o saranno guai

Mario

Arpino

Gli italiani vogliono bene alla Tunisia, e sono ricambiati. È una prova provata, da sempre. Fino alla metà dell’800, quando i francesi hanno estromesso gli italiani (più o meno come cent’anni dopo ha fatto Gheddafi), a Tunisi l’italiano era prima lingua, tant’è che dopo 170 anni al Bardo ancora resiste. Oggi continuano a volerci bene. Amore reciproco che non si è mai interrotto, ma oggi questo idillio è reso problematico dall’instabilità. Anzi, diciamola tutta: come la Libia, anche la Tunisia sta diventando una fonte di grattacapi.

È il nostro destino in Nordafrica? Verrebbe da pensarlo, ma ci rifiutiamo l’idea. Sarebbe davvero un peccato. Quest’anno si ’festeggiano’ (si fa per dire) i dieci anni da quando con il cerino e la benzina il povero Mohamed Bouazizi accese se stesso, ed, in sequenza, tutte le ’primavere’. Forse le abbiamo chiamate così perché il nome ci piaceva, o, probabilmente, perché avevamo capito assai poco. In realtà, ciascuna di esse ha avuto un significato ed una vita propria. Di comune c’è solo che ovunque le ali delle falene venivano bruciate dal potere appena si avvicinavano alla luce. Non solo dal potere dei dittatori, ma anche da un certo Islam, che la luce la detesta.

La Tunisia, nonostante a metà del guado fosse stata colpita al cuore dai kalashnikov, tra tutti i Paesi è stata quello con l’ondata di libertà più promettente, che ha resistito più a lungo. Il processo non si è arrestato, ma, complici gli attentati del 2019, si è tramutato in una sorta di palude decisionale. I turchi hanno spostato in Tunisia (già afflitta da ottomila ex foreign fighters in circolazione) gli affaristi dei viaggi illeciti, che oggi abusano delle incertezze istituzionali.

Vogliamo davvero provare ad aiutare Tunisi? Ci conviene, è proprio quello che la nostra ex amante si aspetta. Guai a demonizzarla, la perderemmo per sempre.