Venerdì 26 Aprile 2024

L’epidemia ci ha tolto anche la cravatta

La vita stravolta dal virus ha fatto sparire uno dei simboli dell’eleganza maschile. Dimenticata fin dai tempi del primo lockdown

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ROMA

Scomparsa. Dimenticata. Abbandonata su grucce impolverate nell’armadio di casa o in improbabili vetrine dello shopping che non c’è. Alzi la mano chi in questi mesi di lockdown e restrizioni è andato in giro in cravatta, ha comprato una cravatta, ha visto un amico in cravatta. Statistiche ufficiali non ce ne sono, ma è verosimile che a fine anno questo articolo dell’abbigliamento maschile sarà tra i caduti-simbolo della pandemia. Pochissimi resistenti hanno provato a non perdere l’antica abitudine. Tutto – anche la sequenza dei contagi, delle ondate e dei provvedimenti a tutela della salute pubblica – ha congiurato contro un accessorio che poi accessorio non è.

La cravatta, firmata o non firmata, annodata a puntino o studiatamente morbida, quando non in formato pallina da tennis sotto la giugulare (modello calciatore in uscita mondana), ha cominciato a scomparire dai radar con il primo lockdown. Diventando anzi elemento distintivo luttuoso: articolo per funerale sulla camicia dei congiunti in lacrime e del personale delle pompe funebri vestito da contratto.

Il rallentamento epidemico estivo e la corsa alle spiagge ha dato un ulteriore taglio a supposti ritorni di seta. La voglia di stare all’aria aperta, al mare o in montagna, seppur mediata dalla mascherina quando consigliata o prescritta, non poteva tollerare altre costrizioni. Così il brusco risveglio autunnale, con il focus su morti, terapie intensive e misure anti-contagio, si è tradotto nel definitivo ko. Quando legioni di travet in smart-working hanno visto il capo collegarsi da casa non con la rituale fantasia di Hermés, ma in tuta e felpa della maison Matteo Salvini, il destino è apparso segnato.

Non bastasse il colpo assestato dalle webcam, le nuove restrizioni a macchia di leopardo hanno cancellato ogni idea di socialità, seduzione, futuro. Maurizio Marinella, simbolo dello stile napoletano che il mondo invidia, si è beccato il virus, ne è uscito a fatica e ora è tornato in negozio "a porte chiuse", accettando "ordini esclusivamente on line". "L’atmosfera di festa è davvero lontanissima", dichiara al Corriere, preoccupato perché "questo virus ci è entrato nella testa": "Siamo tutti diversi, sfiduciati, incontriamo un amico da lontano e cerchiamo di scansarlo per evitare che ci saluti". Quando gli italiani rimetteranno con piacere la cravatta, sarà quello il vero segnale di fine pandemia. Altro che tamponi.

Giovanni Rossi