Giovedì 25 Aprile 2024

"Imane Fadil non è stata avvelenata"

Secondo l'autopsia la ragazza è morta per cause naturali

Imane Fadil (Ansa)

Imane Fadil (Ansa)

Milano, 13 luglio 2019 - "Non ci sono evidenze cliniche che facciano ipotizzare una morte diversa da quella naturale". Tre righe secche scritte dai superperiti incaricati dalla Procura che tolgono ogni dubbio sulla morte di Imane Fadil, la bella e sfortunata ex ospite delle cene eleganti di Arcore, scomparsa lo scorso primo marzo all’ospedale Humanitas di Rozzano. A quattro mesi dal suo ultimo giorno di vita e dalla contestuale apertura di un fascicolo da parte della Procura per omicidio volontario, si smonta definitivamente quello scenario da «spy story» che era stato annunciato con clamore dagli investigatori. Fadil avvelenata, forse con il polonio, Fadil radioattiva. La Procura aveva quindi disposto un’autopsia superblindata: sale dell’ospedale e dell’obitorio schermate, maschere e camici piombati, persino l’intervento del nucleo antibatteriologico dei vigili del fuoco. Il 27 marzo arriva il primo bollettino della massima autorità in materia, l’Enea di Roma, che mette fine a una lunga serie di illazioni e le rende quasi ridicole: "Sul corpo della giovane modella non ci sono tracce di sostanze radioattive". Poi è stata la volta del prelievo di tessuti dagli organi interni per effettuare carotaggi diretti ad escludere avvelenamenti. Anche qui, dagli esiti nessuna svolta. Nessun segno di avvelenamento, non come lo si intende nel senso comune, almeno: niente polonio o sostanze da letteratura di spionaggio.

Negli ultimi mesi era rimasto un piccolo dubbio sulla percentuale di metalli trovati nel sangue con un'eccezione da sollevare però: il sangue della giovane sarebbe stato lavato più volte durante i mesi di ricovero, quindi a distanza di mesi dal presunto avvelenamento, non sarebbe stato comunque possibile ritrovarne tracce importanti. Le percentuali rinvenute, anche con le rispettive proporzioni dovute al lavaggio, non erano in ogni caso tali da portare al decesso. Insomma le cause della morte della ex modella, in un periodo lontano teste chiave nel processo Ruby, sarebbero ancora da capire, ma sicuramente da ricercare in motivi che nulla hanno a che vedere con i complotti.

Sarebbe piuttosto la tragedia di una ragazza di 34 anni, partita con la carta giusta di una avvenenza fisica non comune, ma poi perseguitata dalla sfortuna. Sfortunata nella vita, nella morte e anche dopo. Quel corpo ridotto in nulla dalla malattia è ancora all’obitorio di piazzale Gorini. Come ha detto uno dei magistrati che indaga sul complesso caso, "Fadil davvero ha incontrato il diavolo nella sua vita". Ad aggravare un quadro disperato la rincorsa di conferme, seguite da smentite su ipotetiche prognosi infauste. Infine la perizia di cui è già trapelato il contenuto, che esclude il primo scenario, quello peggiore. L’equipe di medici ha parlato di possibili complicazioni derivate da una malattia rara, autoimmune come l’aplasia midollare, per cui il midollo della 34enne non sarebbe stato più in grado di produrre cellule sanguigne e piastrine. La ex modella era anche affetta da un’altra patologia autoimmune: il Lupus.

Del team di esperti consultati sul caso fa parte anche Francesco Scaglione, farmacologo clinico con il compito di affiancare i medici nello studio di possibili tumori ed effetti collaterali legati all’assunzione di farmaci, a cui Fadil è stata sottoposta nel tentativo di salvarle la vita. Il lavoro degli esperti di Medicina legale di Milano è stato coordinato dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo