Giovedì 25 Aprile 2024

Il patrimonio millenario senza difese

Se la natura, l’empia natura che ci riporta non a caso a Giacomo Leopardi, è imprevedibile, l’uomo e le sue opere sono invece parti di un sistema leggibile, anzi intelligibile. Lo sciame sismico adriatico arriva a due mesi dall’alluvione delle Marche e riapre una ferita, tutta italiana, di territori senza difesa. Senza difese. Come hanno detto molti esperti, se l’epicentro non fosse stato in mare, la terrificante sveglia delle 7.07 di ieri mattina e un’infinita giornata di scosse avrebbero potuto causare una strage. Le Marche hanno pagato un contributo altissimo già nel 2016, nella zona appenninica. E il passato (da L’Aquila al terremoto del ’97, dal devastante sciame di Ancona del 1972 a quello di Senigallia del 1930, magnitudo 5.8 come quello di Rimini di un secolo fa) ha insegnato che alla imprevedibilità dei tempi di ritorno e dei movimenti delle faglie si risponde solo con la preparazione. Ci sono ancora troppe strutture non antisismiche in aree che invece hanno un rischio sismico elevato. Troppi edifici vulnerabili, troppe difficoltà burocratiche per i cittadini nell’ammodernare e mettere in sicurezza le strutture, detrazioni fiscali non sufficienti o da ripensare e una ‘coda’ di superbonus 110% che invece di puntare solo a riparare i danni o a dare una pennellata estetica, agisca sulle fondamenta dell’abitare.

Poi c’è il tesoro del nostro Paese: i beni culturali. Le Marche hanno un patrimonio di circa 200mila capolavori, una storia millenaria da difendere. E così è l’Italia, che spesso non pensa nemmeno alla manutenzione (l’alluvione del Misa è l’ultima tragica istantanea), alla propria difesa, alla preparazione. Il patrimonio edilizio è da riqualificare, i Comuni sono indebitati, i privati spaesati e stritolati dalla crisi: la politica, invece di discettare sulle trivelle (che nulla c’entrano con i terremoti), farebbe meglio a occuparsi di nuovi piani di sicurezza, a reperire fondi e pensare alle scuole.