Giovedì 25 Aprile 2024

Il Nord-Est ribolle: così si muore "La base ci ha dato una lezione"

Marcato, assessore regionale del Veneto: "Il partito nazionale? Un errore, il leader si prenda la responsabilità"

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di Antonio Del Prete

Autonomia. Nel Paese e nel partito. Subito. "Altrimenti la Lega muore e qualcuno dovrà prendersi la responsabilità di aver ucciso un sogno". Nel mirino, evidentemente, c’è Matteo Salvini. L’ultimo appello arriva dal Veneto per voce dell’assessore regionale allo Sviluppo economico, Roberto Marcato. I toni sono concitati, al Nord la Fiamma ha spodestato il Carroccio.

Marcato, riguardo al dato veneto, lei parla di "disastro annunciato". In che senso?

"Il bagno di sangue alle Amministrative di Padova e Verona avrebbe dovuto far riflettere. Il tentativo di recupero nel finale della campagna elettorale battendo sul tema dell’autonomia non ha dato i risultati attesi".

Troppo tardi?

"Il 22 ottobre festeggeremo, si fa per dire, i cinque anni dal referendum. Nel frattempo non è stato fatto nulla, e ora andiamo al governo con il partito più centralista e romanocentrico: difficile arrivare a una riforma".

Quando ne parla Salvini, lo fa per dovere d’ufficio o perché ci crede davvero?

"Voglio sperare che il mio segretario ce l’abbia nel Dna".

Nella sua regione la Lega è passata dal 32% del 2018 al 14% di oggi, passando per il 50% delle Europee 2019. Tutta colpa del leader?

"Salvini ha preso la Lega al 3% e l’ha portata al 34% meritando il plauso di tutti; ora, però, il segretario di un partito leaderistico come il nostro, ahimè, si deve assumere la responsabilità di un decremento del consenso".

La base sociale di piccoli, medi e grandi imprenditori del Nord Est non vi vota più?

"Credo che abbiano voluto darci una lezione. Il Veneto non è una terra di destra o di estrema destra, è sempre stata di centro ed è la patria del leghismo. Qui c’è il numero più alto di partiti federalisti e secessionisti".

È stato Salvini a trasformare la Lega da nordista a nazionale. Pagate lo sbarco al Sud?

"È indubbio. L’avanzata oltre il Po non è un errore in sé e neppure una novità: ci aveva già provato Bossi. Ma è una strategia che va perseguita senza perdere l’identità, altrimenti l’elettore non sente più il nostro ’odore’".

In Veneto la Meloni doppia la Lega. Come se lo spiega?

"Paghiamo la presenza nel governo Draghi. Ma anche i commissariamenti che minano il radicamento sul territorio e le candidature calate dall’alto. Il militante leghista non fa campagna per chi non conosce. Per questo chiedo che a breve si svolgano congressi a tutti i livelli".

Salvini dovrebbe dimettersi?

"Io non chiedo la testa di nessuno, ma ci si deve mettere in discussione e agire di conseguenza".

Il leader dice: "Rispondo ai militanti, non a qualche assessore o consigliere regionale".

"Se pensa che il dissenso interno si limiti alle dichiarazioni di un paio di consiglieri regionali e basta, allora sottovaluta la situazione".

Il dissenso è più ampio?

"Se qui siamo passati dal 50% al 14%, è evidente che il dissenso è più ampio dello sfogo di qualche consigliere. Chi parla oggi interpreta il sentimento della militanza".

Cosa rimproverate al leader?

"La gestione del partito, perché oggi un partito non c’è".

Com’è stata presa al vostro interno l’esclusione di Bossi dal Parlamento?

"Non bene: Bossi è un simbolo, rappresenta le nostre radici".