Mercoledì 24 Aprile 2024

"Il governo rimuova i paletti alle rinnovabili"

Il presidente di Elettricità Futura: "Il 50% dei progetti si ferma per la burocrazia. Serve l’ok a impianti per 60 gigawatt entro giugno"

di Sandro

Neri

Un’occasione mancata. O, peggio, un colpevole ritardo. "Oggi non ci troveremmo in questa gravissima emergenza energetica se non avessimo bloccato la crescita delle rinnovabili", sottolinea Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura. L’associazione, che raggruppa 518 imprese del settore dell’elettricità e rappresenta il 70% del mercato, ha appena consegnato un dossier al ministro Roberto Cingolani, che ora chiede un’accelerazione sulle rinnovabili. "In tutti questi anni – continua Re Rebaudengo – il nostro Paese ha sempre rimandato la soluzione di un problema atavico, la dipendenza dall’estero per l’energia. Siamo un Paese povero di combustibili fossili ma potenzialmente molto ricco di energia rinnovabile. Direi che questa è l’arma finale dell’Italia contro il gas di Putin".

Cosa si sta facendo in Italia per le rinnovabili? Siamo indietro? E di quanto?

"Da anni ormai in Italia le rinnovabili sono ferme. Avremmo potuto accrescere il parco rinnovabili di almeno 10 gigawatt all’anno, invece viaggiamo alla ridicola media di appena un nuovo gigawatt all’anno. È incredibile che il 50 % dei progetti resti sulla carta e l’altro 50% si realizzi con sei anni di ritardo. Adesso è il momento di correre e installare nuovi impianti. Governo e Regioni facciano ripartire le autorizzazioni, è una questione di sicurezza nazionale".

Quali ostacoli impediscono il varo di un vero piano per le rinnovabili?

"Come ribadito più volte dal presidente Mario Draghi, gli ostacoli allo sviluppo delle rinnovabili sono esclusivamente di natura burocratica: è urgente una semplificazione delle procedure amministrative. L’Europa prende ad esempio l’Italia come il caso peggiore di burocrazia anche in questa materia. Siamo il Paese che ha i costi più alti e i tempi più lunghi per il rilascio di un’autorizzazione a un impianto. La legge prevede che un iter autorizzativo non dovrebbe durare più di un anno; in Italia l’attesa dura mediamente sette".

Dov’è il problema?

"La metà dei progetti viene respinta. I no alle rinnovabili che arrivano dal ministero della Cultura, dalle Regioni e dalle Soprintendenze sono del tutto inaccettabili a fronte della gravità dell’emergenza e peraltro impediscono la realizzazione degli impegni assunti dal governo, come quello di destinare quasi il 40% degli oltre 190 miliardi del Pnrr per promuovere la transizione ecologica e fare da leva per gli investimenti privati".

Come uscirne?

"Quello che si può fare per le rinnovabili è lo stesso che dobbiamo fare subito per la sicurezza energetica dell’Italia. Ovvero un’azione straordinaria di semplificazione della burocrazia. È un momento complicatissimo. Come Elettricità Futura abbiamo chiesto al governo e alle Regioni di autorizzare entro giugno 60 gigawatt di nuovi impianti per le rinnovabili. L’equivalente, cioè, di un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna. Il settore elettrico è pronto a investire 85 miliardi di euro nei prossimi tre anni per installare 60 gigawatt di nuovi impianti rinnovabili – 20 gigawatt all’anno – e creare 80mila nuovi posti di lavoro. Non servono incentivi, soltanto autorizzazioni".

Che vantaggi avremmo sul fronte della dipendenza energetica?

"Installare questi 60 gigawatt significa tagliare ogni anno del 20% le importazioni di gas: quindi 15 miliardi di metri cubi. Cioè oltre sette volte di più rispetto a quanto si potrebbe ottenere aumentando l’estrazione di gas nazionale".

Gli ambientalisti temono l’impatto sul territorio.

"L’installazione di 60 gigawatt di impianti rinnovabili implica un utilizzo estremamente ridotto di suolo. Potrebbero essere suddivisi in 12 gigawatt di eolico, idroelettrico, bioenergie e altro, e 48 di fotovoltaico su una superficie pari a 48mila ettari. Se per pura ipotesi i 48 gigawatt di fotovoltaico fossero tutti realizzati su superficie agricola, si utilizzerebbe appena lo 0,15% della superficie italiana oppure lo 0,3% della superficie agricola totale. O, ancora, l’1,3% della superficie agricola già oggi abbandonata. Peraltro, i tanti impianti agrovoltaici previsti non sottrarranno neanche un metro quadrato di terreno ad uso agricolo".

Le rinnovabili cosa potrebbero garantire all’industria?

"L’Italia è in piena crisi perché il prezzo del gas è quadruplicato e perché nel nostro Paese quasi il 60% dell’elettricità viene ancora prodotta col gas, che per il 40% importiamo dalla Russia. I 60 gigawatt di impianti rinnovabili che chiediamo di poter installare nei prossimi tre anni possono produrre 90 terawattora di energia elettrica, per il fabbisogno delle imprese e non solo".