Venerdì 26 Aprile 2024

Il coraggio di Martina La sfilata con i vestiti del tentato stupro "Non è colpa dell’abito"

La modella 20enne si è presentata coi vestiti di quella drammatica notte "Un’amica mi ha detto ’se ti metti una gonna così, te la vai a cercare’. Poche denunciano perché non veniamo protette. E rischiamo vendette"

di Alessandro

Belardetti

Si è vestita come quando venne abusata e sul palco del concorso di bellezza ha gridato: "Basta stereotipi, non dipende da come siamo vestite se gli uomini vogliono violentarci". La 20enne Martina Evatore – studentessa di Biochimica con le passioni del pattinaggio sul ghiaccio e la danza del ventre – in passerella a Miss Venice Beach ha raccontato al mondo il più sconvolgente dei segreti. A Jesolo s’è presentata con pantaloni neri larghi che arrivano alla caviglia, scarpe bianche sportive, una maglietta e una giacca informe verde mimetico.

Cosa è successo quel 29 luglio 2019?

"Era mezzanotte. Stavo andando a un compleanno casa di un amico ed ero da sola per strada. Mancavano pochi metri quando un uomo sui 40 anni mi ha raggiunto, mi ha spinto e aggredito. Io non so come, ma ho reagito: il corso di autodifesa che avevo seguito con mio padre è servito. Ho cercato di bloccarlo, ho dato calci, pugni e gli ho tirato un ramo in testa. Poi è arrivata un’auto e si è fermata, così l’uomo è scappato. Subito l’ho detto a due miei amici che hanno preso lo scooter e hanno setacciato la zona, ma niente".

Si ricorda il suo volto?

"Perfettamente, ho fatto anche l’identikit durante la denuncia".

L’inchiesta ha avuto sviluppi?

"Io non ho più saputo nulla".

Fino a l’altro ieri ha conservato dentro di sé l’incubo.

"Oltre ai famigliari, l’avevo raccontato solo a quei due amici. Sul palco del concorso è stato un momento di liberazione enorme. Prima di salire ho preso gocce per l’ansia, tremavo tutta, mi sentivo a disagio. Non credevo di venire presa sul serio".

Come è nata l’idea di sfogarsi davanti a centinaia di persone?

"Due settimane fa ero fuori con una mia amica del cuore, indossavo un abito estivo lungo e stretto in vita. A un certo punto mi ha ammonito: ‘Stai attenta, che se ti vesti così, te la vai a cercare’. Lei lo diceva con affetto, lo so, ma mi è scattata una molla. Mi sono detta: ora basta, non voglio più stare attenta a come mi vesto perché se no rischio molestie o violenze. Così ho parlato con l’organizzatrice Elisa Bergodi e abbiamo deciso di fare il discorso".

Ha amiche che hanno subito violenze, ma non hanno il coraggio di raccontarlo?

"Ne conosco tante, una di queste è una mia grande amica e le ho sempre detto che dovrebbe denunciare senza paura".

Perché non lo fa?

"Spesso manca la volontà da parte delle forze dell’ordine di ascoltare le vittime, di seguire i casi in modo profondo e, soprattutto, di proteggere le donne dalle vendette degli uomini. Molte subiscono la punizione per essersi ribellate, oltre alla beffa che le denunce non portano a nulla. La più grande paura di noi donne è questa: subire un’altra punizione. Sa cosa mi risponde la mia amica, quando tento di spronarla?".

Cosa?

"’Nessuno mi crederebbe’. E questo mi ferisce molto".

Quali segni porta ancora dentro dopo l’aggressione?

"Ogni volta che esco da sola di casa chiamo questa mia amica. Anche se sono le 3 di notte, facciamo la videochiamata, specialmente nelle zone più pericolose. Poi, mi giro di scatto appena sento dei passi venire verso di me da dietro e non riesco a infilarmi le cuffiette per ascoltare la musica in strada, ho troppa paura di non essere pronta in caso di aggressione. Sono ferite che non passano. Spero di liberarmi di questi demoni".

Cosa serve per far cambiare agli uomini il desiderio del possesso sulle donne?

"Gli uomini sono molto attaccati alle madri: dovrebbero imparare a rispettare le donne come rispettano la mamma. Lei stessa, però, dovrebbe insegnare al figlio il giusto modo di trattare le donne. L’educazione è la base di tutto".