Giovedì 25 Aprile 2024

I grillini tengono duro, è il Pd a spaccarsi

Autostrade, Franceschini contro Zingaretti. Sulla revoca i timori anche di Gualtieri. Renzi (Iv) avvisa: non buttiamo 30 miliardi. .

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di Antonella Coppari

Sarà la volta buona? Stando alle dichiarazioni della vigilia il consiglio dei ministri oggi avrebbe dovuto chiudere una volta per tutte l’ormai famigerato dossier Autostrade. Ma i nodi con il passar del tempo si sono ingarbugliati al punto tale che non è detto sarà così. Tanto che Italia viva suggerisce di aggirare il problema evitando l’informativa: ipotesi impraticabile dato che il premier l’ha confermata dalla sede solenne del Castello di Meseberg.

Ma su quello che succederà dopo a Palazzo Chigi restano prudenti: "Si deciderà in base a ciò che viene fuori in cdm". Persino su chi debba prendere la decisione finale le acque sono più che mai confuse dal momento che i renziani avvertono: "Serve un decreto interministeriale, perché non lo fanno Gualtieri e De Micheli invece di coinvolgere tutto il governo?". E c’è chi invoca la Consob: "E’ necessario che verifichi gli effetti sui mercati delle frasi di Conte", dice Michele Anzaldi. Il problema è che le diverse posizioni della maggioranza hanno tutte validi argomenti da mettere sul tavolo. E non si tratta solo di un fronteggiamento tra partiti diversi ma la divisione corre anche all’interno delle forze.

In questo caso dentro il Pd, dove l’accelerazione del premier che, almeno ufficialmente, sposa la linea dura di M5s spiazza gran parte dei democratici, a cominciare dalla responsabile del ministero delle infrastrutture, De Micheli. Il capo delegazione Pd a Chigi, Franceschini, e buona parte dei gruppi parlamentari sono convinti che la revoca costerebbe troppo al Paese non solo per l’ indennizzo ai Benetton, ma anche in termini di posti di lavoro e di contraccolpi per gli investitori in Borsa in caso di fallimento di Aspi. Preoccupazioni ben presenti al ministro dell’Economia Gualtieri.

La soluzione, sostengono i no-revoca – è abbassare drasticamente la quota azionaria della holding in Atlantia, dando la centralità allo Stato magari attraverso Cdp nella futura società di gestione di Autostrade. Di qui, una lite furibonda – raccontano i bene informati – con il segretario Zingaretti considerato troppo “appiattito“ sul premier perché determinato a sposare il suo aut-aut: "I rilievi di Conte sono giusti". Renzi ha gioco facile a incunearsi nelle divisioni del Nazareno: "Rischiamo di buttare 20-30 miliardi. Spero che la proposta di un intervento di Cdp nel capitale abbia seguito nel Pd". E tuttava, pure il fronte che vuole la revoca – M5s, Leu e un pezzo di Pd – ha motivazioni forti: la tragedia del ponte Morandi– spiegano – ha dimostrato che i Benetton non sono in grado di gestire infrastrutture per noi vitali. Non che il calcolo politico non abbia il suo peso: la necessità di non creare difficoltà al governo guida Zingaretti. E Di Maio ha l’urgenza di attaccare Salvini: "È falso ed ipocrita, era alleato dei Benetton". Secca la replica del leghista: "Non scaricare l’incompetenza sugli altri". A complicare lo scenario il fatto che il nodo Autostrade arriva al pettine assieme a quello della eccessiva centralizzazione dei poteri da parte di Conte con la proroga dello Stato di emergenza e la questione del Mes. Un ginepario che, nonostante la clessidra sia quasi vuota rischia di non arrivare al traguardo nemmeno oggi. Ecco perché Conte non rinuncia a sperare nel colpo di scena che metterebbe d’accordo tutta la maggioranza: un passo indietro dei Benetton.