Mercoledì 24 Aprile 2024

I cagnolini infastidiscono i vicini Pestata a sangue: le foto sui social

Cosenza, la vittima è ricercatrice all’università di Ferrara. In vacanza con i familiari, ospitava tre randagi

di Nino Femiani

TORTORA (Cosenza)

Pestata in maniera brutale perché si era presa cura di tre piccoli randagi, ospitati per due notti nel condominio in cui villeggiava. Beatrice Lucrezia Orlando, 42 anni, ricercatrice senior in economia e innovazione sostenibile presso l’Università di Ferrara, è appena uscita dall’ospedale "San Carlo" di Potenza, prognosi di 24 giorni. "Per fortuna i medici di qui mi hanno salvato". Il teatro del brutale agguato è distante poco più di centoventi chilometri, in Calabria, litorale di Tortora (Cosenza), una delle mete preferite dei villeggianti in cerca di mare pulito. Tutto inizia il 4 agosto. "Mi trovavo in vacanza con i miei genitori che hanno una casetta, vicina al mare. Come ogni mattina sono uscita con il mio cane, Charlie, per fare una passeggiata. Ad un tratto, sento dei guaiti provenire da sotto un’auto, posteggiata nei pressi della mia abitazione. Una cagnolina, denutrita, con il collarino e tre cuccioli, anche loro molto debilitati", dice la ricercatrice. Beatrice ama i cani, e si lascia naturalmente intenerire dai gemiti dei piccolini. "Sono spaventati, alcuni vicini mi dicono che sono lì da qualche tempo. Contatto l’Enpa (l’Ente protezione animali, ndr), che mi assicura un intervento nel giro di uno o due giorni". A questo punto la ricercatrice li porta davanti casa sua. Un gesto "umanitario", un amorevole accudimento che non piace ad alcuni vicini, i quali storcono il naso appena la ricercatrice inizia a dare da mangiare e bere ai cuccioli e alla loro mamma. Quando rimette piede fuori dal cancelletto di casa, Beatrice viene investita verbalmente da una donna che l’accusa di aver lasciato le ciotole dell’acqua per accanto alla sua porta. Urla e minacce, costringendo la prof a rintanarsi in casa. "Avrei voluto andare subito a sporgere denuncia – racconta –, mia madre mi ha convinto a lasciare perdere. Anche se, onestamente, quelle urla mi avevano scosso non poco, perché non c’era neppure una spiegazione razionale a quanto stava accadendo" Venerdì 6 agosto arrivano i volontari a ritirare i randagi, sembra tutto finito. Non è così. "Alle 19 esco in bici per recarmi al tabaccaio. E lì davanti mi sono trovata circondata. Erano in quattro: la signora dell’aggressione precedente, suo marito, il figlio e la sua fidanzata. La madre mi teneva ferma e mi graffiava, la fidanzata ha preso il telefono con cui io avevo tentato di chiamare soccorsi, il figlio è arrivato da dietro e ha iniziato a riempirmi di pugni, sulla testa sul volto. Aveva anche degli anelli, io ho ancora i buchi sul volto che lui mi ha lasciato". Un’aggressione brutale e immotivata.

"Non li conoscevo, mai visti prima, la donna parlava in un napoletano stretto", riferisce Beatrice. "Pugni di una tale violenza che, a un certo punto, ho sentito rompersi i denti. L’ultimo atto: prima di dileguarsi, il figlio mi ha schiacciato con la bici". La ricercatrice resta a terra a lungo, dolorante e sanguinante, nessuno nell’affollata Tortora si ferma per prestarle soccorso. "Quando ne ho avuto la forza ho chiamato io i soccorsi. Sono stata portata in un piccolo presidio ospedaliero a Praia dove neppure mi hanno disinfettato le ferite. Non sono riuscita ad alzarmi dal letto per 5 giorni". Beatrice torna a casa. "Ora ho paura per me e la mia famiglia", dice. Ma ha la forza di presentare due denunce ai carabinieri di Paola e di Potenza nonostante gli aggressori, passando davanti a casa sua, le abbiano sibilato: se denunci sei morta.