Venerdì 26 Aprile 2024

Gli strani suicidi di sei oligarchi Il terrore fa il gioco del Cremlino

I decessi in tre mesi, spesso accompagnati da omicidi familiari: non tutto torna. Tranne il clima utile al potere

di Giovanni Rossi

La paura di essere "il prossimo" attanaglia gli oligarchi di Russia. Perché oligarchi, a volte, si diventa, ma da oligarchi ultimamente si muore. E assai prima del previsto. Sei magnati al creatore in soli tre mesi è statisticamente uno zero virgola rispetto ai patrimoni finanziari accumulati all’ombra del potere e al numero dei loro detentori. Ma ad orecchie attente e occhi allenati il segnale è forte e chiaro. Chi è diventato straricco partendo da famiglie operaie e casermoni sovietici sa che per i miracoli servono complici silenziosi, non bastano intuito e capacità sincronizzate con la storia. E se a morire con i magnati sono a volte anche i familiari (sterminati senza pietà), l’allarme – tra chi detiene cospicue fortune – diventa strategico. Qualche socio occulto reclama dividendi o ricorda l’obbligo di fedeltà? Non esistono risposte, solo sospetti.

Mikhail Watford (naturalizzato britannico con cambio di cognome dall’originale Tolstosheya), Vasily Melnikov (Medstom), Leonid Shulman (Gazprom Invest), Alexander Tyulakov (Gazprom), Sergey Protosenya (Novatek), Vladislav Avayev (Gazprombank) sono nomi di secondo piano per il grande pubblico. Anche in Russia. L’unico miliardario certo era Watford, gli altri erano tutti multimilionari, con patrimoni differenziati ma comunque ingenti. Certo, se hai capitali per 400 milioni, come Sergey Protosenya, l’ex presidente di Novotek trovato senza vita in Spagna il 19 aprile assieme alla moglie e alla figlia (il figlio si è salvato perché non era in casa), non prendi l’ascia per squartare le tue donne (preoccupandoti di non lasciare impronte) e poi ti impicchi in giardino. Per quanto le sanzioni brucino, le rendite evaporino, le carte di credito facciano cilecca – e la vita appaia meno sfavillante – chi arriva dal basso ha i cromosomi tarati per reagire. Se diventa cadavere, qualcosa non quadra. Anche senza scomodare mafie e apparati.

Tutti omicidi-suicidi? Oppure – nel caso di singoli decessi – solo suicidi? Le soluzioni predilette da ogni investigatore distratto si scontrano con circostanze dubbie o elementi non valorizzati. Il figlio di Protosenya, Fedor, insiste con la polizia di Lloret de Mar: "Mio padre amava mia madre e soprattutto mia sorella Maria. Mai avrebbe potuto danneggiarli". E che dire della prematura scomparsa di Mikhail Watford, arricchitosi con il settore energia? Le circostanze della sua morte, lo scorso 28 febbraio, restano inspiegabili. A Londongrad, dove di oligarchi se ne intendono, sanno che al deceduto non corrispondeva un profilo da strenuo oppositore del Cremlino stile Boris Berezovskij (morto nel 2013 in circostanze mai chiarite nella sua proprietà di Ascot). Eppure, eccolo lì, stecchito, nel garage della sua magione nel Surrey, quattro giorni dopo l’invasione russa in Ucraina (dov’era nato).

Vasily Melnikov, 43 anni, fondatore del gruppo Medstom (attrezzature mediche), è trovato senza vita assieme a moglie e figli il 23 marzo a Nizhny Novgorod. Sulla scena coltelli, non segni di lotta. Secondo la stampa, dopo le sanzioni occidentali, la sua società era sull’orlo del fallimento. Analoga strage di famiglia il 18 aprile a Mosca, dove Vladislav Avayev, ex vicepresidente di Gazprombank, risulta deceduto con moglie e figlia. Omicidio-suicidio secondo gli investigatori. Persino la voce di una relazione tra la moglie dell’ex banchiere e l’autista guardia del corpo. In carriera, nel private banking per vip, chissà quanto e cosa può aver visto questo cambiavalute d’alto bordo. Singolare – o forse no – che nessuno approfondisca. Perché a Gazprom, l’azienda del gas russo, di soldi ne scorrono a fiumi. Anche Leonid Shulman, rinvenuto cadavere a Leninsky il 30 gennaio dopo indagini per frode, e Alexander Tyulakov, vicepresidente della tesoreria di Gazprom, trovato impiccato il 25 febbraio sempre a Leninsky, condividevano lo stesso giro.

Potrebbero anche essere tutti suicidi ’regolari’ (né indotti né camuffati), e sarebbe comunque una notizia. Ma di sicuro l’alone di mistero che circonda queste morti al potere russo non dispiace. Tutti stanno sulle braci, e magari, anche tra gli oligarchi di maggior peso, nessuno si fa venire strane idee.