Mercoledì 24 Aprile 2024

Omicidio Saman, gli islamici in Italia. "Non si uccide per Allah"

Lafram, presidente Ucoii: "Nessuna scusa, gli Abbas siano estradati"

Saman Abbas

Saman Abbas

"Possono giurare anche sul Corano, ma non ha alcun valore. Anzi, è solo un modo per cercare di ripulirsi la coscienza davanti a quello che, stando all’impianto accusatorio, resta un crimine. Un delitto contro un principio cardine dell’Islam: la sacralità della vita". Nessun assist da Allah alla famiglia di Saman Abbas che per i pm, dopo aver eliminato fisicamente la ragazza, rea di rifiutare un matrimonio combinato in Pakistan, avrebbe serrato i ranghi dell’omertà, giurando su una copia del testo sacro dell’Islam. Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii, la principale associazione islamica in Italia, costituitasi parte civile nel processo a carico dei genitori della giovane, è categorico nel sostenere la causa di Saman. E a chiedere a Islamabad "di collaborare pienamente con Roma per far rientrare in Italia il padre e la madre della ragazza, niente equivoci".

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Resta il fatto che la piaga dei matrimoni combinati continua a sfregiare l’immagine pubblica della comunità musulmana: che cosa state facendo per contrastare il fenomeno?

"Sul punto, proprio in concomitanza con la scomparsa di Saman, abbiamo emesso una fatwa, un parere giuridico-religioso, sull’illiceità delle nozze forzate. Si tratta di una pratica tribale che non può trovare alcuna giustificazione nella fede. Questa non ammette alcuna costrizione. Anche il matrimonio non può che basarsi su un consenso libero e volontario dei coniugi".

Eppure la cronaca racconta non pochi episodi di violenza all’interno delle famiglie islamiche ai danni di figlie che rifiutano di portare il velo o di sposare chi vuole il loro padre.

"Vorrei sapere quante siano le famiglie nella società italiana, atee, cristiane, ebree, musulmane o di altro credo religioso, immuni da conflitti intergenerazionali. Schiacciare su una categoria di persone questo problema è una lettura superficiale, buona solo a scansare una disamina più profonda di un fenomeno che è trasversale".

Sicuramente la violenza sui figli è un dato di fatto anche all’interno di nuclei cristiani, ma non trova che, pur volendo considerare la secolarizzazione diffusa, siano rare per così dire le botte in nome del Vangelo?

"Tanti si dicono musulmani, nonostante bevano o fumino. Questi non sono veri praticanti, violano dei precetti. Nel rapporto con i propri figli un genitore islamico è tenuto a insegnare a pregare, a digiunare, a non fumare. Deve fare la sua parte nell’insegnare la dottrina, ma non ha colpe davanti a Dio se poi i suoi discendenti, raggiunta la pubertà, compiono scelte diverse".

Significa che non si può picchiare una figlia che non vuole mettersi il velo o che decide di sposare chi vuole?

"Assolutamente è così. Come padre posso anche restarci male, certo. Tuttavia nessun imam potrà mai giustificare una qualsiasi forma di costrizione o violenza".