di Antonella Coppari Le toghe fanno rullare i tamburi di guerra. Quella riforma non s’ha da fare: promettono opposizione estrema, minacciano lo sciopero. "Contiene norme punitive che stravolgono la Costituzione e finiranno per ripercuotersi sul servizio offerto ai cittadini", accusano. "La politica procede senza parlare con noi: se non introdurranno modifiche, incroceremo le braccia". Bordate che cadono nel vuoto. Governo e maggioranza non vanno oltre quella che da sempre è la replica più dura: non c’è risposta. Neppure i 5stelle, almeno per ora, offrono sponde. Insomma, è l’opinione comune, i magistrati fanno la loro parte, non potrebbero dire altro. Avanti tutta. Il silenzio si spiega facilmente: avendo trovato un difficile accordo, la guardasigilli non ha intenzione di rimettere ora tutto in discussione anche perché non c’è nessuna garanzia di poter poi ricostruire un accordo raggiunto già a fatica, con Italia Viva che lascia sul tavolo gli emendamenti mentre la Lega i suoi li ha ritirati, vota con il governo, anche se non ha sciolto la riserva sui due dell’opposizione che riguardano il passaggio di funzioni, tema referendario. Il provvedimento in discussione in commissione giustizia a Montecitorio è complessivo, sull’ordinamento giudiziario, anche se molti punti sotto la lente riguardano il Csm. Per accelerare i tempi e farlo arrivare in aula martedì 19 (giorno scelto non a caso dall’Anm per stabilire le iniziative di mobilitazione), "oltre ad andare avanti ad oltranza, verranno contingentati i tempi", sottolinea Francesco Paolo Sisto, vice della Cartabia. Ma qual è il succo dell’intesa? Intanto, lo stop alle nomine a pacchetto (cuore del caso Palamara): gli incarichi direttivi e semidirettivi si copriranno in base all’ordine di vacanza. Chiuse anche le porte girevoli: non sarà più possibile per i magistrati entrare in politica e poi uscirne mettendo di nuovo la toga sulle spalle. Qualora invece non ricoprissero una carica elettiva, ma ...
© Riproduzione riservata