di Antonella Coppari Le voci della vigilia assicuravano che Sergio Mattarella, a differenza dell’altro presidente rieletto, Giorgio Napolitano, non avrebbe picchiato duro. Invece lo ha fatto, con il suo stile certo, senza prendere di petto nessuno, ma anche senza risparmiare niente sui due fronti chiave: la magistratura e il Parlamento. Vero è che il giuramento davanti ai Grandi elettori pone il sigillo su "giorni travagliati per tutti, anche per me", racconta. Ma, una volta accettato il bis "per timore che l’incertezza mettesse a rischio le prospettive di rilancio del Paese", il capo dello Stato vuol far capire che l’Italia ha un Presidente vero. Non ha limiti di mandato, tanto da dettare un’agenda per i prossimi anni. E così, fa una rampogna coi fiocchi sulla Giustizia. Sia pur ricordando che l’autonomia e l’indipendenza non si toccano, e tuttavia proprio per proteggere questi principi bisogna "che la magistratura ritrovi un rinnovato rigore". Sì, perché gli italiani "devono poter nutrire fiducia e non diffidenza" verso l’ordine giudiziario. Non sono inviti generici: il presidente chiede senza giri di parole di portare a termine rapidamente le riforme, in particolare quella del Csm. "Deve svolgere la sua funzione superando le logiche di appartenenza", ovvero le correnti. E non è un caso che proprio ieri mattina Draghi e Cartabia si erano visti per discutere e accelerare quella riforma. Forse più severo il passaggio sul Parlamento: nel mirino non c’è il potere legislativo bensì il potere esecutivo, il governo, insomma lo stesso premier. Mattarella esalta la centralità del Parlamento: "Ha un ruolo cruciale, è il luogo dove si costruisce il consenso". Anche qui va sul concreto: quando afferma che deve essere messo in condizione di valutare i provvedimenti più importanti con tutto il tempo a disposizione, ha in mente quella legge di bilancio che è sfilata sotto gli ...
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