Mercoledì 24 Aprile 2024

Giocare con le parole è inutile

Giuseppe

Catozzella

Che il ministero dell’Istruzione diventi anche ministero del Merito suona un po’ come quei giochi dei bambini nei quali uno tira fuori una bacchetta magica, sillaba una formula e gli altri credono al materializzarsi di ciò che viene esclamato. La parola merito posta di fianco all’istruzione non sembra infatti poter alludere al fatto che da oggi in poi nella scuola verrà premiato colui che più si impegna e che dimostra più passione e spirito di abnegazione, colui che porta a casa i voti più alti (perché così è già ed è sempre stato, fosse così sarebbe una ridondanza, o un’eco sinistra), ma quindi più alla questione ben più sostanziale di ciò che accade in Italia al merito dopo la conclusione del ciclo di studi. Ma, fuori dal gioco dei bambini, viene da pensare che purtroppo non è cambiando i nomi alle cose che le cose cambiano, e questo vale anche per i ministeri. Mentre la questione contro cui si scontra ogni giovane alla conclusione del ciclo di studi pare essere: quanto conta il merito sperimentato a scuola una volta finite le lezioni? Quanto, nel mondo del lavoro? Quanto invece contano, al fine di trovare una buona posizione, le maglie protettive che la mia famiglia mi lascerà in dotazione? Quante volte dovrò veder avanzare non il più meritevole ma il più protetto? Quanto resisterò in un Paese in cui sempre più cervelli trovano assunzioni in istituzioni e centri di ricerca esteri, non potendo trovarli qui? Sono ancora le stesse domande del giovane ‘Ntoni dei Malavoglia. Non sarebbe forse stato più radicato nelle cose, anziché porre la parola merito di fianco all’istruzione, accostarle finalmente la lotta alle consorterie, quella all’atteggiamento clientelare? Ministero dell’Istruzione e dell’Abolizione delle clientele. Questo sì per i più giovani sarebbe forse suonato come un programma, come la promessa nella possibilità di sognare.