Mercoledì 24 Aprile 2024

Fontana e il conto svizzero L’ultima accusa: "Firma falsa"

Caso camici e soldi all’estero, la procura vuole verificare i documenti bancari. L’ipotesi è che sia stata contraffatta la grafia della madre del governatore

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di Andrea Gianni

Gli investigatori tornano indietro nel tempo, fino a 16 anni fa, quando nel 2005 con la firma dell’anziana madre del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana fu aperto un conto nella sede Ubs di Lugano, in Canton Ticino, sul quale furono depositati i 2,5 milioni di euro sospetti. Una firma ritenuta falsa dagli inquirenti, che ricompare nella documentazione presentata da Fontana per scudare nel 2015 il capitale di 5,3 milioni di euro, a suo dire ereditato dalla donna.

È uno degli elementi che la Procura di Milano ha messo sotto la lente, nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di finanza coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli che ha portato a una rogatoria alle autorità svizzere e vede il governatore lombardo ed ex sindaco di Varese, esponente della Lega, indagato per autoriciclaggio e false dichiarazioni in voluntary disclosure. Inchiesta parallela nata dal cosiddetto ’caso camici’: l’affidamento senza gara del 16 aprile 2020 di una fornitura di 75 mila camici e altri dispositivi per far fronte alla prima ondata di Covid a Dama spa, società di Andrea Dini, cognato del governatore (in questo caso indagato per frode in pubbliche forniture). Fontana, difeso dagli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, ha sempre detto che quei soldi erano i risparmi di una vita della mamma dentista. E che lui seppe della somma solo nel 2015, quando lei morì e poi lui aderì allo scudo fiscale. La madre del presidente, ha spiegato l’avvocato Pensa, "curò il suo patrimonio anche da anziana". E la difesa esclude "nel modo più assoluto" che venne apposta una firma falsa.

Con la rogatoria la Procura chiede di avere accesso, in particolare, ai documenti originali e agli estratti conto del rapporto bancario, aperto nel 2005 con la presunta firma falsa della madre e con la grafia di Fontana, perché da quei documenti si potrebbe capire, secondo gli inquirenti, qual è l’origine dei 2,5 milioni di euro ritenuti frutto di un’evasione fiscale ormai prescritta da parte del governatore. Dagli estratti conto si potrebbe sapere, infatti, se ci sono stati bonifici o depositi in contanti. La firma, riportata in calce sui documenti allegati nel 2015 dal governatore alla voluntary disclosure, è stata comparata da un grafologo con quelle apposte nello stesso periodo dalla signora su alcuni atti. Ed è anche in base a questo primo step investigativo che i pm hanno chiesto alle autorità elvetiche la documentazione originale relativa al conto, sul quale poi confluirono altri 3 milioni di euro in aggiunta ai 2,5 di cui al momento non si conosce l’origine.

A Fontana viene contestato l’autoriciclaggio per investimenti che avrebbe fatto dopo aver scudato, secondo l’accusa in modo irregolare dichiarandoli tutti come eredità, i circa 5,3 milioni sul conto luganese. Oltre a risparmiare 170mila euro di sanzioni con la voluntary, avrebbe così reimpiegato denaro illecito perché derivante da una presunta evasione.