Venerdì 26 Aprile 2024

"Ero in trappola, sepolta viva Ho urlato per farmi trovare"

Rosa Carmina, 80 anni, ha guidato i soccorritori tra calcinacci e detriti. È viva anche la cognata. Il vicino di casa: "Ho pensato a un aereo precipitato"

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RAVANUSA (Agrigento)

A farle coraggio sono state le parole dei vigili del fuoco che, nella notte, l’hanno incitata a resistere e farsi forza. Rosa Carmina, 80 anni di forza, tempra e coraggio, vive ora la sua seconda vita. È rimasta per ore sotto le macerie della sua casa, a Ravanusa, spazzata via dalla terribile esplosione che ha frantumato la pace di questo Comune dell’Agrigentino. L’anziana, nonostante la paura e il dolore, ha urlato guidando i soccorritori tra calcinacci e detriti. La sua voce l’ha salvata. Qualche frattura, un terrore che non potrà mai dimenticare e lo strazio di aver perso i suoi cari. Nella deflagrazione sono morti fratelli, nipoti e cognate. Dopo averla tirata fuori della tomba di cemento che l’aveva sepolta i soccorritori l’hanno portata all’ospedale di Licata. "Ero tornata a casa da poco, erano le 20 – ha avuto la forza di raccontare dopo che è stata portata in salvo – e all’improvviso la luce è andata via. In un attimo il tetto e il pavimento sono venuti giù e io sono rimasta intrappolata. Appena ho sentito delle voci – ha aggiunto la donna – ho chiamato, ho chiesto aiuto e hanno trovato il modo di farmi uscire. Intanto, sentivo anche la voce di mia cognata Giuseppina".

Pure Giuseppina Montana è stata estratta viva dalle macerie delle palazzine disintegrate. Fino a ieri sera le due donne erano le uniche sopravvissute all’esplosione determinata – ormai è praticamente certo – da una fuga di gas dalla conduttura cittadina. "Nei giorni scorsi – ha spiegato la donna – non c’è stata alcuna anomalia nella fornitura, da quel che so. E comunque a casa mia usavamo la bombola e non c’era allaccio alla rete".

A descrivere l’esplosione che ha distrutto quattro palazzine e ne ha danneggiate altre tre è anche un vicino della donna, Calogero Bonanno, un docente che sabato sera era, con la moglie e i tre figli, a casa della suocera, pochi metri più in là dell’edificio venuto giù. "Ho sentito un boato tremendo, come se fosse scoppiata una bomba o un aereo fosse precipitato sulla casa. – ha ricordato –. Poi sono esplosi gli infissi. Siamo scesi subito in strada, intorno c’era fuoco ovunque, macerie. Io ero con mia moglie, i miei tre figli e i miei suoceri. Siamo vivi per miracolo".

Ma in un punto il suo racconto cozza con quello della superstite. "Alcuni vicini – ha raccontato – ci hanno detto che nei giorni scorsi avevano sentito odore di gas. Se è vero, c’è stata una negligenza imperdonabile". Due versioni differenti sulle quali dovranno fare luce gli inquirenti.

Ora alla comunità di Ravanusa, poco più di 11mila abitanti, non resta che sperare in un miracolo, ossia che ad aumentare non sia il numero delle vittime accertate, ma quello dei superstiti. Poi ci sarà da rimboccarsi le maniche per ricostruire, per tornare alla normalità, per ritrovare quella quiete di provincia spazzata via dall’esplosione.