Venerdì 26 Aprile 2024

Egonu e il razzismo J’accuse della scrittrice "Noi neri nel mirino Siamo italiani di serie b"

Draghi chiama la pallavolista: "Sei un orgoglio della nazione". Da Conte e Letta a Salvini, messaggi di solidarietà bipartisan. Djarah Kan: "La cittadinanza non basta, agli stranieri non si perdona nulla"

di Lorenzo

Guadagnucci

Djarah Kan, che impressione le fa il caso di Paola Egonu?

"A dire il vero non sono particolarmente sorpresa, perché quando sei una donna nera sei chiamata a pagare uno scotto: viviamo in una società in cui solo le persone bianche hanno il diritto di sbagliare, di perdere, di non essere perfette e altamente performative".

Djarah Kan è una scrittrice italo-ghanese nata a Santa Maria Capua Vetere, ora residente a Roma, figlia di cittadini immigrati dal Ghana. Ha cominciato a scrivere raccontando in un blog la parte più invisibile e ignorata della comunità nera dopo la strage di Castel Volturno del 18 settembre 2008: sette immigrati neri massacrati dalla camorra. Nel libro Ladri di denti (People edizioni) racconta storie che mettono a fuoco la vita di persone nere in una società bianca chiusa in sé stessa.

Il mondo dello sport fa eccezione?

"Penso che nello sport, sebbene si sostenga il contrario, sia molto importante vincere. Perciò gli sportivi non bianchi sono sottoposti a uno stress più forte dei colleghi: devono dimostrare che la cittadinanza per la quale stanno gareggiando e che rappresentano nel mondo è sotto sotto una concessione che può essere revocata se certi criteri non vengono rispettati".

Non basta la cittadinanza?

"In questo Paese, se hai la pelle non bianca, se sei figlio di immigrati, nato o no in Italia, non sei mai veramente italiano. Questa è la percezione comune. Il ministro Salvini qualche anno fa fece modificare la legge sulla cittadinanza, introducendo la possibilità di revoca ai “naturalizzati“ in caso di terrorismo. Questo la dice lunga, perché nemmeno un terrorista, se è bianco, perde mai la propria cittadinanza. Il sottinteso è chiaro: se sei un immigrato o un figlio di immigrati non puoi essere normale, non puoi fallire o sbagliare come gli altri. Questo approccio si è radicato nel senso comune".

Qual è l’origine di questo “rifiuto“ dei neri italiani?

"Angelo Del Boca ha dedicato tutta la vita a sfatare, con i suoi libri sull’Italia colonialista, il mito degli italiani brava gente. Gli italiani in Africa non sono stati meno brutali di inglesi o francesi, ma c’è stata un’autoassoluzione generale. Questo è un problema grande, perché se non si accettano il proprio passato e le proprie responsabilità storiche non può partire una conversazione sincera sul perché in questo paese le persone non bianche vengono umiliate e spesso trattate peggio degli animali".

L’accettazione del passato colonialista che cambierebbe?

"Magari i giornalisti, quando intervistano persone come me, non chiederebbero se esiste in Italia il razzismo. Chiedere una cosa del genere a una persona non bianca nell’Italia del 2022 è un’offesa. E non solo per il passato coloniale. Pensiamo alla strage di Castel Volturno, ma anche a Luca Traini che a Macerata si mette a sparare contro dei neri, a Alika Ogorchukwu che è stato aggredito e ucciso per strada a Civitanova Marche senza che nessuno si sentisse in dovere di intervenire. Pensiamo anche alla retorica di tanti politici. Io che sono nata e cresciuta in Italia sento sulla mia pelle un fascismo diffuso che non è esplicito, e neanche politico, ma che è un sentire fascista".

Quanto pesa la poca visibilità pubblica dei neri italiani?

"Le faccio io una domanda: quanti giornalisti non bianchi ci sono nella sua redazione? Lo so già: nessuno. E non perché fra immigrati e figli di immigrati manchino persone capaci di fare il giornalista. Vale anche per altre professioni. In questo Paese un sacco di persone in gamba, non bianche, preferiscono andare all’estero perché la violenza razzista è troppo forte. Perciò in Italia c’è una grave povertà in termini di diversità e inclusione. E non penso che in altri Paesi ci sia meno razzismo, la differenza è che altrove certe possibilità esistono".

Verso quale obiettivo è diretto il suo impegno di scrittrice?

"Ho quasi trent’anni e ho trascorso la maggior parte della mia vita convincendomi di essere una specie di animale, una persona che non vale niente, un eterno “ospite indesiderato”. Poi sono riuscita a crescere, a riflettere e a stabilire una mia verità interiore, che non coincide con la violenza razziale che c’è in questo Paese. Scrivo per ristabilire una verità che sia mia e per dire che questa verità fa parte della storia di questo Paese. Oggi è una verità nascosta, una verità di seconda classe".