Giovedì 25 Aprile 2024

Draghi tiene duro sull’Ucraina Armi e superbonus, lite coi 5 stelle

Botta e risposta tra il premier e Conte. I grillini vogliono che il governo riferisca sulla guerra. Salvini è d’accordo

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di Antonella Coppari

Se davvero Conte vuole tenere sotto schiaffo Draghi, ha trovato pane per i suoi denti. A Strasburgo il premier dimostra che intende rispondere colpo su colpo alle stilettate continue del leader pentastellato in cerca di visibilità. Cogliendo al volo l’occasione offerta dal suo ’battesimo’ nella plenaria del Parlamento europeo, mette un’ipoteca finale sulla principale bandiera grillina: il superbonus del 110%. Poche parole, ma chiare: "Non siamo d’accordo sulla validità di questo provvedimento – dice – pur essendo il nostro governo nato come ecologico". I motivi? Oltre a prestare il fianco alle truffe, fa lievitare i costi di efficientamento: "I prezzi degli investimenti sono più che tripli perché elimina ogni trattativa". Frasi che, naturalmente, fanno infuriare i pentastellati: le definiscono irricevibili, pronunciate "solo per prendere di mira noi". A riassumere umori comuni provvede l’ex sottosegretario alla presidenza, Riccardo Fraccaro: "Draghi non può boicottare una misura che è espressione di tutte le forze politiche, lodata persino da Bruxelles".

Vero è che né il premier i né il ministro dell’Economia, Franco, hanno mai davvero digerita questa agevolazione edilizia. L’anno scorso la riproposero, senza nascondere il malumore soprattutto per andare incontro a M5s. Ciò non significa che il superbonus verrà cancellato domani: sarebbe assurdo farlo un attimo dopo la proroga di tre mesi per i lavori nelle villette. Il giudizio netto suona però come una campana a morto per la prossima finanziaria.

Che l’intenzione del presidente del consiglio fosse proprio rintuzzare l’offensiva permanente di Conte, culminata lunedì nella decisione di non far votare ai suoi ministri il decreto aiuti, è chiaro dal contesto del discorso. Il passaggio sul superbonus tutto era tranne che obbligato. Lo si potrebbe definire anzi quasi gratuito se non si tenesse conto della voglia di rispondere ai pentastellati e a Grillo che, in mattinata, urlava il suo no "ai competenti degli inceneritori". Ovvero a premier e ministri.

In realtà, l’intervento di Draghi riguarda l’Europa, o meglio la sfida da lui proposta per trasformare la crisi ucraina nel trampolino di lancio per una nuova Ue. Ma come il dibattito dimostra, inevitabilmente l’attenzione tanto a Strasburgo quanto a Roma è tutta concentrata sul capitolo guerra. È probabile che, affrontando l’impegno italiano in Ucraina di fronte agli eurodepuputati, Draghi abbia pesato le parole prevedendo di dover presto arrivare a un confronto nel Parlamento italiano con la sua maggioranza. Al momento a chiamarlo in aula sono i Cinquestelle e LeU, ma niente esclude che gli appelli si moltiplichino, complice non solo la richiesta di pace di Papa Francesco, ma anche un sondaggio Swg secondo cui la maggioranza degli italiani è contro l’invio di armi a Kiev. Salvini, che critica Conte sugli inceneritori, dice che "è giusto" aver dubbi sull’invio di armi e parlarne in aula. "Se il Parlamento chiama – avverte Palazzo Chigi – andremo senz’altro".

Il premier usa toni diversi da quelli di Washington e di Londra. Spiega che l’Italia è al fianco dell’Ucraina senza se e senza ma, perché tra "chi invade e chi resiste non c’è equivalenza", ma "è pronta ad impegnarsi in prima linea per raggiungere una soluzione diplomatica" al conflitto. Aggiunge che "la pace è l’obiettivo principale verso cui si deve muovere l’Unione". Su questa linea si muoverà se e quando affronterà le forze politiche gli chiederanno nelle nostre aule parlamentari quale è l’obiettivo del governo. Senza però concedere nulla sul fronte delle armi, malgrado il pressing dei pentastellati: non darà chiarimenti su quali sono quelle che stiamo consegnando perché lì vige il segreto di stato che certo il capo del governo non intende violare. Resta da vedere se sarà una strada percorribile o meno. Draghi fa capire che dipende da quello che farà Putin: "La nostra priorità – scandisce – è un cessate il fuoco, una tregua darebbe priorità ai negoziati". Il 9 maggio si avvicina: è il giorno del discorso del presidente francese, Macron, e quello in cui Putin scoprirà le carte, dirà cioè se la guerra continua e si allarga o se a biettivi raggiunti (vero o falso che sia) le armi possono almeno momentaneamente tacere. Una data fondamentale per tutti e, in fondo, anche per la tenuta della maggioranza italiana.