Mercoledì 24 Aprile 2024

Draghi fa il paciere ma non arretra "Governo bellissimo, ora lavoriamo"

Il premier tiene il punto rispetto alle forti polemiche del giorno precedente anche se i toni usati sono più soft

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di Ettore Maria Colombo

Il Consiglio dei ministri vara all’unanimità i decreti contro il caro-bollette e per scongiurare frodi sui bonus edilizi, a cominciare dal Superbonus, ma soprattutto per imprimere nuova forza all’attività di governo e uscire delle ultime impasse. Il premier si concede persino una battuta ("avete visto che ministri bravi ho, è un governo bellissimo"), ma non nega le divergenze che l’hanno portato, l’altro giorno, a minacciare la crisi di governo contro partiti riottosi e rissosi. Di fatto il presidente del Consiglio tiene il punto: "Ho ricordato alla maggioranza il nostro mandato, indicato dal presidente Mattarella. L’ho detto con il massimo rispetto. Possiamo rivedere le modalità di confronto, ma teniamo dritta la barra del timone".

Nella conferenza stampa post-Cdm, comunque, Draghi cerca di chiudere sulla questione politica che ha sollevato lui stesso dopo che il governo era andato sotto per quattro volte sul Milleproroghe. Draghi non smentisce la dura reprimenda fatta ai partiti, ma smussa, senza però mostrare tentennamenti. Nel governo, ammette, "ci sono diversità di opinioni. Ho ricordato il mandato del governo, creato dal presidente della Repubblica per affrontare certe emergenze e conseguire certi risultati. Sono sicuro che riusciremo a raggiungere i risultati". Certo è possibile rivedere "certe modalità di dialogo e confronto", come chiesto da alcune forze politiche, ma occorre tenere "la barra del timone dritta", appunto. Che è anche come dire: alla fine decido io, adeguatevi.

Torna il sereno dunque? Questo è tutto da vedere, visto anche che poco dopo la fine della conferenza stampa Matteo Salvini twitta: "Chi la dura la vince!", un modo per rivendicare alla Lega, e solo alla Lega, la manovra sulle bollette. Per di più, Giorgetti tira pure una stilettata a Salvini e ai suoi continui distinguo dal governo: "La politica è l’arte di rendere possibile ciò che è desiderabile. Il mio segretario esprime un desiderio. Io cerco di interpretarlo e renderlo possibile in quello che è l’attività di governo". Lo stesso Conte cerca la sua quota di distinguo, spiegando che "i grandi gruppi che hanno conseguito grandi profitti devono contribuire ad alleviare il peso enorme che il carobollette".

Situazione insomma effervescente, tanto che il premier vedrà il leader della Lega, e anche gli altri, come accade "regolarmente", sottolinea, ma a tutti ribadirà che non ha intenzione di vedere l’azione dell’esecutivo rallentata da bandierine o toni da campagna elettorale. E questo a maggior ragione in un momento cruciale per l’attuazione del Pnrr, che non ammette rallentamenti. Il via libera alle tre deleghe (fiscale, concorrenza e codice degli appalti) deve arrivare "ora", pressa i partiti, che hanno idee diverse su tutte e tre, Draghi. Su questo, dice chiaramente, non saranno ammessi deragliamenti: "Tutto quello che è necessario per arrivare all’approvazione dei provvedimenti necessari a conseguire gli obiettivi del Pnrr il governo e io stesso lo faremo".

Insomma, per ora, partiti a cuccia, "zitti e buoni" modello Måneskin. Del resto, che dopo Draghi ci siano solo le elezioni sembra chiaro a tutti, ma è bene ricordarlo, si fa notare anche dal Quirinale. Non è il momento di aprire una lunghissima campagna elettorale in vista di elezioni politiche nel 2023. È il momento di lavorare, come e più di prima, si fa notare dal Colle e, dopo Draghi, c’è solo il nulla. Ma il fuoco cova sotto la cenere. Sul Milleproroghe il governo metterà la fiducia, altrimenti il decreto rischia finire impallinato.