Venerdì 6 Giugno 2025
r.r.
Cronaca

Delitto di via Poma, la traccia di sangue. L’antimafia: riaprite il caso

Quella macchia mai presa in considerazione a 33 anni dall’omicidio di Simonetta Cesaroni

Simonetta Cesaroni

Roma, 5 agosto 2023 – Trentatré anni dopo, ancora il giallo di via Poma, ancora l’omicidio di Simonetta Cesaroni, la ragazza di 21 anni assassinata con 29 coltellate un torrido 7 agosto del 1990 dentro un ufficio in via Carlo Poma 2 a Roma. Quell’omicidio apparve e rimase sempre un mistero. Ma ora qualcosa sembra muoversi, anche se è troppo presto per dice che ci possa essere una svolta.

Nella relazione della commissione parlamentare Antimafia, trasmessa alla Procura di Roma nei mesi scorsi, ci sono una serie di motivi per i quali potrebbe essere opportuno che la procura di Roma riaprisse le indagini.

Uno degli elementi chiave sarebbe l’analisi di una macchia di sangue di gruppo “A positivo“, repertata dalla polizia sulla maniglia di una porta e mai presa in considerazione da inquirenti ed investigatori. L’Antimafia suggerisce poi di sentire alcune persone, che gravitavano nello stabile di via Poma, i cui alibi non vennero mai verificati e i cui gruppi sanguigni non vennero mai comparati con la macchia di sangue del “soggetto ignoto“ repertato sulla maniglia della porta dell’ufficio dove Simonetta venne uccisa a coltellate.

Altro filone al quale di lavora sono alcune testimonianze che potrebbero smontare l’alibi di uno dei sospettati. Dubbi, inoltre, anche sull’arma del delitto. Potrebbe non essere un tagliacarte, ma un lama più lunga ed appuntita come uno spadino da uniforme.

I primi sospetti ricaddero su un giovane, Federico Valle, la cui posizione fu però rapidamente archiviata e su Pietrino Vanacore, il portiere del palazzo, che venne arrestato, ma tornò in libertà 26 giorni dopo. Anche quella pista finì nel nulla (e Vanacore, 20 anni dopo, si suicidò).

Fu poi la volta dell’ex fidanzato Raniero Busco, prima condannato, ma poi assolto in appello. Sull’omicidio la parola fine sembrava essere arrivata nel febbraio del 2014 con la decisione della Cassazione che confermò l’assoluzione definitiva dell’ex fidanzato. Gli elementi che in primo grado portarono alla sua condanna a 24 anni di carcere, vennero demoliti dall’appello e anche per i giudici della Suprema Corte erano da considerare solo delle "congetture". Sembrava finita. E invece siamo ancora qui.