Venerdì 26 Luglio 2024
GABRIELE MORONI
Cronaca

Delitto di Via Poma, il giornalista-scrittore: "Troppi errori commessi. Le indagini scientifiche erano ancora agli esordi"

Stefano Nazzi e il podcast "Indagini": “Non ascoltarono tutte le persone dell’edificio. Le tracce ematiche nell’ascensore furono notate solo alcuni giorni dopo"

Milano, 7 gennaio 2024 – Giornalista, scrittore ("Il volto del male"), Stefano Nazzi ha ricostruito e raccontato, con altri misteri italiani, il delitto di via Poma e la morte di Simonetta Cesaroni in "Indagini", il podcast de "Il Post".

Simonetta Cesaroni e, nel tondo, il giornalista scrittore Stefano Nazzi
Simonetta Cesaroni e, nel tondo, il giornalista scrittore Stefano Nazzi

Nazzi, l’informativa dei carabinieri punta il dito contro Mario Vanacore, figlio di Pietrino, il portiere dello stabile di via Poma.

"Va detto subito che il pm Gianfederica Dito, che ha condotto le indagini, dopo un esposto della famiglia Cesaroni, ha chiesto al gip l’archiviazione, parlando di ipotesi e di suggestioni. A mio parere non ci sono grandi novità concrete. Mario Vanacore non venne sentito nell’immediatezza dei fatti e questo certamente non per sua responsabilità. L’ipotesi dell’informativa è che quel pomeriggio Mario salì nell’ufficio dove lavorava Simonetta, pensando che non ci fosse nessuno per fare gratuitamente delle telefonate e che sarebbe sua l’agenda telefonica, dimenticata dopo l’omicidio. Inaspettatamente, si sarebbe trovato davanti Simonetta e avrebbe cercato di abusare di lei. Nella colluttazione che ne seguì si ferì con quella che sarebbe poi stata l’arma del delitto. Secondo questa ricostruzione, sporcò con il proprio sangue la maniglia della porta e la tastiera del telefono. Ma non c’è nessun riscontro oggettivo che quel sangue appartenesse al figlio di Pietrino Vanacore. I carabinieri sospettano anche perché Mario avrebbe detto solo nel processo a Raniero Busco (l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, assolto in via definitiva per non avere commesso il fatto , ndr) di essersi recato in farmacia".

Cosa mancò nell’inchiesta?

"Le indagini scientifiche erano agli esordi. Però vennero fatte confusioni e commessi errori. Un carabinieri inciampò nella presa del computer dell’ufficio, rimasto acceso. Si indagò su un disegno trovato su una scrivania per poi scoprire che lo aveva fatto un agente che era lì e si annoiava. Ci si concentrò su Pietrino Vanacore per via del sangue trovato sui suoi calzoni per poi accertare che era suo perché soffriva di emorroidi. Le tracce ematiche nel vano ascensore furono notate solo alcuni giorni dopo. Non vennero sentite tutte le persone presenti nel complesso".

Quale altra vicenda della cronaca di questi anni ha avuto una presenza, per così dire, difettosa?

"L’omicidio di Garlasco. Io non so se Alberto Stasi sia colpevole o innocente, errori e confusioni si registrarono dall’inizio. Persone che entrarono nella scena sprovviste di calzari. Il pc di Stasi smanettato per giorni prima di essere consegnato al Ris. Le impronte digitali della povera Chiara Poggi che furono prelevate e si dovette aprire la tomba. Il corpo non venne pesato. Tutto questo ha comunque condizionato l’inchiesta, rendendo estremamente difficile il lavoro successivo degli inquirenti".

La vicenda più terribile, quella che ha lasciato qualcosa nell’uomo e non solo nel cronista.

"Le Bestie di Satana. Quei ragazzi erano arrivati a un punto di autoesaltazione da uccidere e da uccidersi fra di loro, fra amici. Continuo a pensare su questa vicenda non è stato detto tutto. Mi ha lasciato anche l’immagine dei padri di Fabio Tollis e Mariangela Pezzotta, due vittime. Padri eccezionali che nonostante tutto sono sforzati di cercare il bene".