Mercoledì 24 Aprile 2024

Dall’altare quel grido contro i boss

La storica omelia ai funerali del generale Dalla Chiesa

La bara del generale Dalla Chiesa (Ansa)

La bara del generale Dalla Chiesa (Ansa)

Era Tito Livio. Ma nella foga dell’omelia il cardinale Salvatore Pappalardo lo chiamò Sallustio. La citazione in latino, però, era perfetta: "Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur". Scandì quelle parole il 4 settembre 1982 a Palermo nella chiesa di San Domenico, nel giorno dei funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. E fece anche la traduzione a beneficio di chi non conosceva il latino: "Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici. E questa volta non è Sagunto. Ma Palermo, povera Palermo".

Un attacco frontale, con Sandro Pertini, allora presidente della Repubblica, e Giovanni Spadolini, presidente del Consiglio, nelle panche, in prima fila, in chiesa. La Chiesa, questa volta con la C maiuscola, attaccò così per la prima volta frontalmente la mafia. E prese posizione proprio con l’arcivescovo di Palermo che con quella citazione recuperata dal passato, denunciò l’isolamento in cui Dalla Chiesa, nei suoi cento giorni nel capoluogo siciliano, si trovò a operare. Nonostante gli fossero stati dati poteri speciali come prefetto. Quell’isolamento che lo portò a essere un bersaglio mobile e facilmente raggiungibile, come dimostrò la strage di via Carini, in cui morì.

Dieci anni dopo il cardinale Pappalardo sarà di nuovo costretto a pronunciare un’omelia sferzante davanti alle bare di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, uccisi a Capaci il 23 maggio del 1992. Riuscendo perfino ad anticipare quello che, dalla Valle dei Templi, avrebbe detto Giovanni Paolo II nel 1993, con la scomunica ai mafiosi: "Gli operatori di nefasti delitti possiamo annoverarli come veri cristiani o non sono da ritenere piuttosto come facenti parte della sinagoga (termine che fu poi costretto a precisare all’indomani per le proteste delle comunità ebraiche, ndr) di Satana?".