Giovedì 25 Aprile 2024

Dai nomi bruciati alla ritirata finale Il flop mina la leadership di Salvini

Prova invano a intestarsi la scelta del presidente e non tiene unita la coalizione: è lui il grande sconfitto

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Alla fine, quando è arrivato l’ultimo voto, qualcuno ha visto la ’spugna’ di Matteo Salvini volare sul tappeto: l’aspirante kingmaker si è prima arreso, poi ha provato addirittura a intestarsi il bis di Sergio Mattarella. Una "giravolta" che è stato solo l’ultimo di una lunga serie di errori commessi dal Capitano leghista che aveva immaginato di rivoluzionare il quadro politico, insediando un presidente della Repubblica di centrodestra e magari velocizzando il ritorno al voto. Per provare a tornare al potere. Invece, si ritrova con Mattarella di nuovo al Qurinale – lui che 7 anni fa aveva twittato "non è il mio presidente" – il governo Draghi resta in sella, esattamente come prima, e il centrodestra che esce da questo "romanzo Quirinale" totalmente in frantumi. La sua leadership traballa dopo una gestione della partita tra improvvisazioni, scarso tempismo e valutazioni miopi.

In Transatlantico, anche nel suo partito, c’è chi ammette gli svarioni del leader. Non a caso il numero due del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, si è chiamato fuori da qualsiasi tavolo per il nome del presidente. Ha lasciato tutto nelle mani del capo, per evitare che gli venissero addebitati nel conto gli scivoloni. Ieri è stato al centro di un piccolo giallo per via di dimissioni dal governo minacciate e poi rientrate, ma indicative di un malessere nei confronti del "Capo Matteo" che si farà probabilmente sentire in modo forte più in là.

Il processo politico a Salvini è solo rimandato ai prossimi giorni, mentre gli uomini a lui più vicini lo descrivono come in preda ad una "grande solitudine"; telefono sempre attaccato all’orecchio, "non in conversazione con noi, però" commentava sorridendo il senatore amico, e poi lunghe passeggiate a piedi, pranzi frugali consumati sempre in solitudine. Qualcuno sostiene che accanto a lui sia tornato, per ora in incognito, l’animatore della Bestia, ovvero quel Luca Morisi travolto dallo scandalo agostano a base di cocaina e pruderie, prosciolto da qualsiasi coinvolgimento giudiziario, rimasto uno dei due amministratori della chat con cui il partito comunica coi giornalisti: Info-Lega.

Ma i problemi non sono solo nella comunicazione, anche nel partito lo sbandamento del leader è avvertito: le liturgie della Lega non prevedono messe in discussioni palesi del segretario in carica, ma la gestione della partita Quirinale si conclude "con il sogno di fare il kingmaker infranto e la coalizione con cui da 30 anni governiamo Regioni e Comuni disintegrata", diceva ieri uno dei grandi elettori del Carroccio. "Ora aspettiamo che si posi la polvere, poi qualcosa dovrà essere riaggiustato", aggiungeva un altro parlamentare.

In realtà la polvere non ha fatto in tempo a posarsi che poco dopo la virata su Mattarella è arrivato il siluro di Giorgetti; con un anno difficile davanti, il ministro ha fatto capire che non può essere il parafulmine moderato che per gli attacchi di una Lega di lotta, il contraltare degli esponenti del nuovo corso verso i quali da tempo la "Lega dei territori" mostra insofferenza, tra atteggiamenti No vax e posizioni anti Euro che di sicuro non trovano il favore dei ceti produttivi del Nord. L’obiettivo del ministro è chiarire che, soprattutto in vista della campagna elettorale, al governo ci si deve stare nel modo giusto. Tanto più che Giorgetti avrebbe voluto il trasloco di Draghi al Quirinale, e magari risolvere così la questione governo.

Il segretario e il ministro si sono chiusi per un’ora faccia a faccia, e al termine è stato Giorgetti a diffondere un comunicato in cui ha chiesto un "cambio di passo" sul governo e un incontro a tre con Draghi. Dopo mesi di tensioni sottotraccia, la "Lega dei territori" prova dunque l’ennesimo tentativo di riaggiustare la traiettoria del Carroccio. Necessario tanto più, ragiona un parlamentare vicino al ministro, che "ora che il centrodestra è esploso, dovremo essere in grado di tenere anche al centro, non possiamo solo schiacciarci su una rincorsa a destra con la Meloni". Una rincorsa "a destra" che Salvini sembra comunque aver perso quando ha detto sì a Mattarella abbandonando a se stessa proprio "l’amica Giorgia", con cui i rapporti ora sono inevitabilmente raffreddati. E non solo con lei.

Elena G. Polidori