Venerdì 26 Aprile 2024

Dai migranti a Kiev Von der Leyen si scopre in sintonia con Meloni Trattativa sui fondi Pnrr

Cortesie reciproche nell’incontro a Roma. La leader Ue apre sui rifugiati. Bruxelles riconosce alla premier la capacità di domare le spinte populiste

Migration

di Antonella Coppari

Un’ora e un quarto di incontro a Palazzo Chigi, e alla fine soddisfazione generale. Di sostanza ce n’è poca, ma nessuno se l’aspettava. L’importante era l’operazione diplomatica, e quella è andata in porto. Egregiamente. Tra Meloni e von der Leyen è tutto un gioco di cortesie: "Ottima occasione per uno scambio di vedute", twitta Giorgia. "È stato un piacere", rilancia Ursula. Tira ben altra aria rispetto al 3 novembre quando, fresca di incarico, la premier volò a Bruxelles per un primo confronto con la presidente della Commissione Ue. "Chi avrebbe mai pensato che lei non solo sarebbe venuta a Roma, ma avrebbe dialogato in un clima di confidenza con noi?", dice Raffaele Fitto, unico ministro presente al colloquio perché responsabile degli Affari europei e soprattutto del Pnrr, l’argomento principale sul tavolo. In superficie ci si limita al repertorio classico: gli italiani confermano che rispetteranno gli impegni, 149 obiettivi entro il 2023 per incassare una trance di 38 miliardi, la leader tedesca auspica che "tutto vada avanti bene". Raccomandazione che – nelle stesse ore – fa Paschal Donohoe, presidente dell’Eurogruppo, al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. "È una trattativa", commentano da Palazzo Chigi.

In realtà, la situazione è più fluida. La Commissione è disposta a transigere sulla revisione della governance designata da Draghi che il nuovo esecutivo ha avviato e a discutere sulla fase più difficile del piano: la messa in opera. Il rincaro delle materie prime e le sue conseguenze potenziali sulle gare di appalto non sono né un’invenzione né un alibi. Dove invece l’Europa è rigida è sul fronte delle riforme, perché lì a pesare è la tenuta della maggioranza e Bruxelles si aspetta che Meloni dimostri la stessa capacità di controllare la sua squadra dimostrata sul fronte ucraino. Ed è proprio la determinazione a sostenere Kiev la vera base del disgelo diplomatico: qui Roma e Bruxelles parlano la stessa lingua, e a nessuno sfugge che il merito di avere imbrigliato i ben più riottosi Salvini e Berlusconi è tutto suo.

Ma la prova del cambio di clima è sul fronte dell’immigrazione. In vista del consiglio straordinario di febbraio, il governo italiano conferma la richiesta di una soluzione comune su ricollocamenti e interventi nei Paesi d’origine. La presidente della Commissione concorda, e non è affermazione di poco conto, sulla necessità di separare i richiedenti asilo dai rifugiati economici, uno dei cavalli di battaglia dell’esecutivo. Soprattutto non emerge nessuna tensione sulle nuove regole decise dall’Italia, e neppure questo era scontato. Consonanza assoluta anche sulla necessità di dare vita a un fondo sovrano per aiutare le imprese europee minacciate dal sostegno dato da Biden alle aziende Usa contro l’ inflazione. E condanna comune per le violenze in Brasile. Almeno negli obiettivi, l’intesa è perfetta: ogni fronte sarà poi oggetto di trattativa nei prossimi mesi. Però sarà una trattativa che parte con le migliori intenzioni e in un clima di distensione. Ma non è solo questo che spiega la palese soddisfazione di Palazzo Chigi, bensì la certezza che sia in Italia che in Europa Giorgia Meloni si sta affermando come la figura su cui l’establishment scommette ritenendola capace di domare le spinte populiste nel governo e nella maggioranza. Insomma il passo avanti nel viaggio per affermarsi come leader di una destra conservatrice ma istituzionale e legittimata ovunque ieri c’è stata davvero.