Giovedì 9 Maggio 2024
VIVIANA PONCHIA
Cronaca

Basta croci sulle vette delle montagne: la crociata al contrario del Cai

Il Club Alpino: "Anacronistiche e divisive. Le cime siano un territorio neutro". Tra i soci c’è chi non è d’accordo con la scelta: "Che fastidio danno?"

Molto prima della cancel culture, che per fare contenti tutti elimina ciò che potrebbe piacere a pochi, a prendersela con le croci in montagna fu l’alpinista e insegnante ginnasiale austriaco Eugen Guido Lammer, spinto da un onesto anticlericalismo: "Cosa ha da dire la croce nella solitudine della montagna?", scriveva nel 1928.

Una croce sulla vetta di una montagna
Una croce sulla vetta di una montagna

Perché ci sono le croci in montagna

Invece a qualcuno dicono moltissimo. Per esempio che forse, non si sa mai, c’è qualcosa oltre la vetta che vale la pena di essere interrogato. Ancora: ricorda colui che per salire fino a qui ci ha lasciato le penne. O più semplicemente: è stato un vero calvario, ma ci sono arrivato. Adesso è il Cai, il tribunale supremo della montagna, a dire basta: stop alle nuove croci perché sono anacronistiche e non rappresentano tutti gli scalatori. Precisano: quelle che già sono lì non verranno toccate, ma le cime devono essere territorio neutro.

Intanto le guide di Alagna hanno già cominciato a rimuoverle per ammassarle in un memoriale e c’è una certa agitazione. Troppo facile chiamare crociata quella del Club alpino italiano, che le considera "anacronistiche" e "divisive".

Approfondisci:

Turismo d'affari, l'Italia scala la classifica: terza al mondo e seconda in Europa

Turismo d'affari, l'Italia scala la classifica: terza al mondo e seconda in Europa

Il dibattito

Ad aprire il dibattito è stato Alberto Giannoni con un articolo sullo Scarpone, lo storico portale del Cai: "La società attuale si può ancora rispecchiare nel simbolo della croce? Ha ancora senso innalzarne di nuove? Probabilmente la risposta è no". È seguito un incontro alla Cattolica di Milano, dove Ines Millesimi ha presentato Croci di vetta in Appennino, volume dedicato all’usanza antica ormai persa nei secoli dell’Europa un tempo cristiana e oggi secolarizzata. Dal Papa "montanaro" san Giovanni Paolo II in giù, il rapporto profondo tra spiritualità, riflessione e natura verteva sul legame tra la montagna e l’ascesa verso Dio.

L’anticlericalismo montano

L’eredità dell’anticlericalismo di Lammer ha attecchito tanto che l’anno scorso erano fioccate polemiche per la croce dedicata a Wojtyla da installare sulla vetta del Monte Baldo. Si opposero decisamente le sezioni veronesi del Cai, che scrissero al sindaco di Malcesine: "La montagna è un luogo di pace e di riflessione e non ha quindi bisogno di nuove installazioni e di manifestazioni estemporanee e altamente invasive, probabilmente frutto più di ambizioni personali che di autentica fede".

Approfondisci:

Lavorare in viaggio, la sfida della startup Creative Harbour: portiamoli in Italia

Lavorare in viaggio, la sfida della startup Creative Harbour: portiamoli in Italia

Soci del Cai divisi

I soci si guardano perplessi, qualcuno pensa di strappare la tessera perché in montagna si può andare anche senza. Che male fanno? Molte furono piazzate sulle cime europee alle fine della Seconda guerra mondiale come simbolo di speranza e di pace. Alcune croci di vetta sono state messe in memoria di persone legate al luogo. Radici religiose, raggiungimento di un obiettivo. Chi va in montagna sa che il viaggio è sofferenza seguita da sollievo. In giro, da eliminare subito, forse c’è di peggio.