di Luca Bolognini La vittoria dell’Ucraina all’Eurovision vale quanto l’affondamento dell’incrociatore russo Moskva. Il fronte mediatico, in qualunque guerra, è decisivo. Se il presidente Volodymyr Zelensky in febbraio fosse fuggito, invece di dire agli americani: "Non mi servono passaggi, ma munizioni", quasi sicuramente la Storia avrebbe preso un’altra piega. E molto probabilmente i Kalush Orchestra non sarebbero risaliti dall’ottavo al primo posto del festival della canzone europea grazie al televoto. Non è un caso che Zelensky, sempre molto attento alla comunicazione, sia intervenuto per spingere il gruppo ucraino prima della finale e abbia commentato a caldo il trionfo canoro. "Il nostro coraggio impressiona il mondo, la nostra musica conquista l’Europa. L’anno prossimo l’Ucraina ospiterà l’Eurovision per la terza volta nella storia e – ha scritto sui social – faremo il possibile affinché si possa tenere a Mariupol". Proprio la città che dal 24 febbraio è assediata dai russi e dove i bombardamenti senza quartiere hanno ucciso oltre 20mila persone era stata evocata dai Kalush Orchestra, che dopo essersi esibiti avevano lanciato un appello per aiutare Mariupol. Se i giudici non avessero interpretato le loro parole come un messaggio umanitario, visto che quelli politici sono vietati, sarebbero stati squalificati. "Era un prezzo che non avrei esitato a pagare. La nostra gente – ha spiegato Oleh Psiuk, cantante e leader del gruppo folk hip hop – è bloccata nell’acciaieria Azovstal e non può uscire. Bisogna liberare quelle persone e per farlo abbiamo necessità di far circolare le informazioni, di fare pressione sui politici". Tanto che che Stefania, la canzone dei Kalush Orchestra inizialmente dedicata alla madre del frontman, con lo scoppio della guerra è stata reinterpretata come un omaggio all’Ucraina, con versi che recitano: "Non puoi portarmi via la forza di volontà, perché l’ho ricevuta da lei" e "Troverò sempre la via per tornare ...
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