Giovedì 25 Aprile 2024

Com’è profondo Lucio, dentro la nostra vita

Le sue canzoni, proiettate al futuro, sono un inno alla libertà di pensiero e una carezza ai più deboli. E Tenco lo definì “profeta“

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di Chiara

Di Clemente

Tre accordi, flusso di coscienza. Com’è profondo il mare esce nel 1977, ed è la canzone del primo album in cui Lucio Dalla – 34 anni – è autore oltreché delle musiche, dei testi. In quella canzone la Storia umana è fatta di "catene, bastonate e chirurgia sperimentale", la storia personale è fatta di un’invocazione al padre, "babbo che eri un gran cacciatore di quaglie e di fagiani caccia via queste mosche che non mi fanno dormire, che mi fanno arrabbiare". I tre accordi procedono inesorabili, l’effetto è ipnotico, perturbante: "È chiaro che il pensiero fa paura e dà fastidio anche se chi pensa è muto come un pesce, anzi è un pesce e come pesce è difficile da bloccare perché lo protegge il mare, come è profondo il mare... Certo chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche. Il pensiero è come l’oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare. Così stanno bruciando il mare, così stanno uccidendo il mare".

In queste ore in cui ricordiamo i dieci anni dalla morte di Lucio Dalla, è strano non ricordare quanto Lucio Dalla sia stato un cantautore profondamente politico. Lo evochiamo come il poeta dal berretto di lana (poi il vezzoso parrucchino) e gli occhiali tondi, i sogni di periferia di Anna e Marco e le liriche di Caruso; oppure come il geniale e stravagante jazzista dei Flippers, il clarinetto e gli iconoclasti sberleffi scat. Eppure poco prima di morire Luigi Tenco intervistato a Radio Montecarlo, alla domanda su quali fossero i cantanti che amava in quel momento, rispose: "Degli italiani appena usciti, Lucio Dalla. Barbetta. Soprattutto apprezzo quel suo piglio da profeta piccolo... è bravo, in particolare quando le sue capacità vocali vengono occupate per dire delle cose serie, cose nelle quali egli è particolarmente versato. Ad esempio quella canzone Io non ci sarò, dove parla della guerra...". Io non ci sarò è del ’66: Lucio Dalla ha 23 anni, e canta: "In un mondo migliore là le guerre non ci saranno più avete la libertà questo è un mondo pieno di bene Ma non è così ... Stai attento a te Se non dici no, no, no, no tutto quanto ancora si ripeterà". Gli occhi di Luigi Tenco si sarebbero chiusi per sempre nella notte tra il 26 e il 27 del’67, al festival di Sanremo dove Dalla era in gara con Bisogna saper perdere e dove alloggiava al Savoy accanto alla stanza dove si consumò la tragedia. Ma prima di spegnersi, gli occhi di Luigi erano stati capaci di guardare lontano, più lontano, e in Dalla avevano individuato l’anima di un amico e la forza di un profeta.

Lo è stato per Tenco, amico e profeta, lo è stato molti anni dopo e lo è ancora adesso, Lucio Dalla, pelosa molecola del Dna di generazioni e generazioni di ragazzi ed ex ragazzi che custodiscono i pezzi delle sue canzoni sottopelle, trasformati dal tempo e dalla loro infinita capacità pervasiva in riflessi incondizionati, educazione all’amore, fiducia nelle stelle. Coscienza politica: mai ideologica, mai confinata nella retorica degli slogan bensì pensiero fluido che permea e irrora la vita con la generosa umanità che fa di una società, una società più giusta. L’antimilitarismo, la condanna dell’arroganza del potere, il rifiuto dei feticci del consumismo, lo schierarsi dalla parte dei deboli: dalla ragazza madre di Gesù bambino ai gatti che non han padrone, in Piazza Grande.

Lucio ha cantato i miseri, le puttane, i malati e i disgraziati, gli angeli bestemmiatori, il dubbio che Dio sbagli perdonando i potenti mascalzoni. E la guerra: i russi e gli americani, e noi nel mezzo. Uomini e donne che, nell’eterno presente tiranneggiato dall’annientamento di coscienze e pensieri, riusciamo nonostante tutto a mettere al mondo figli che non avranno paura (Futura). Uomini e donne che si telefoneranno tra vent’anni: "Alle porte dell’universo Importante è non arrivarci in fila ma tutti quanti in modo diverso ognuno con i suoi mezzi magari arrivando a pezzi su una vecchia bicicletta da corsa con gli occhiali da sole il cuore nella borsa". E poi balli, balli e ballerini: "Ecco il mistero, sotto un cielo di ferro e di gesso, l’uomo riesce ad amare lo stesso. E ama davvero, senza nessuna certezza. Che commozione. Che tenerezza". La lezione politica di Lucio, il piccolo profeta, è la lotta per continuare a essere umani.