Giovedì 25 Aprile 2024

Ci mancava l’ennesima task force

Gabriele

Canè

Più che una cabina di regia, servirà una caserma. Non per questioni di disciplina. Magari. Per un banale problema di spazio. Perché morta una task force, se ne fa un’altra. E che force! Sei super manager con una squadra di 300 persone! Senza contare, ovviamente, i ministri, con le loro strutture, gli esperti, gli esterni. Un esercito. Se per caso si trovassero una volta tutti assieme, bisognerà chiedere alla Protezione civile di regolare gli afflussi e la logistica. La strada del Recovery fund, il tesoro europeo di oltre 200 miliardi che nei prossimi anni dovrà consentire all’Italia di ripartire, di rigenerarsi, di risorgere dalle ceneri economiche e sociali del virus, appare fin da ora lastricata di comitati. Un metodo di lavoro che tanto piace a Palazzo Chigi, che non sempre, però, ha dato risultati interessanti. Utili.

Basti ricordare il comitato Colao che doveva indicare al paese gli indirizzi per ripartire dopo il lockdown, di cui si sono perse tracce e memoria, e il cui documento finale non servì neppure per gli Stati generali del giugno scorso. Ora, il gioco è ancora più serio. Serissimo. Bisogna fare presto (lo ha ricordato ieri Gentiloni) e bene. E l’esperienza insegna che più teste sono una ricchezza, troppe teste fanno un ingorgo. Come abbiamo visto, ad esempio, nei rapporti tra Governo e Comitato tecnico scientifico, e nel difficile equilibrio tra esigenze della lotta al Covid e gestione sociale della pandemia. Nel caso del Recovery è ancora più lecito chiedersi se e come i tecnici, tanti, potranno incrociarsi con scelte che dovranno essere eminentemente politiche. Certo, il momento è eccezionale, e possono servire mezzi e uomini eccezionali. Ma lo saranno i sei super manager? E che poteri avranno? Conte non sembra tipo da mollare. La carica dei 300 sarà uno strumento o un alibi? Di sicuro sappiamo che si semplifica togliendo, non aggiungendo. O infilando in una cabina l’organico di una caserma.