di Antonella Coppari
Tutti lo sanno ma nessuno lo ammette. Gli assetti già fragilissimi della coalizione di centrodestra sono franati nelle urne delle regionali. Una nuova strutturazione è necessaria, ma per il momento nessuno ha idea di quale possa essere. Nell’occhio del ciclone c’è la leadership di Matteo Salvini accusato – soprattutto dai forzisti – di non essere un capo di coalizione, ma solo del suo partito. Stavolta gli stracci volano dappertutto.
Il governatore ligure Toti si permette di aprire le danze: "Matteo pensa solo alle sue battaglie serve una costituente del centrodestra". Il leghista Rixi lo bastona: "Si ricordi che se è presidente lo deve proprio a lui". Al Sud è lo stesso Capitano a impugnare la scimitarra: "Ci sono stati errori nella scelta dei candidati. Fitto e Caldoro non hanno scaldato i cuori". Si sa che lui Fitto in Puglia proprio non lo voleva. Stavolta è il segretario regionale di Fd’I, Marcello Gemmato, a replicare con parole al cianuro: "Fitto lo abbiamo scelto tutti, il problema è che chi lo appoggiava, Lega compresa, ha preso meno voti". Nello stato maggiore azzurro il più esplicito è Brunetta: "Salvini non è mai stato il leader del centrodestra". Critica che si estende silenziosamente a Giorgia Meloni. La quale implicitamente conferma: "Il premier della coalizione? sarà chi prende un voto di più".
Proprio la logica di competizione e rivalità interna che impedisce al centrodestra di presentarsi come credibile alleanza di governo. "Il capo leghista dovrebbe concentrarsi su quello, invece di scippare a Forza Italia un altro consigliere regionale", avverte Gasparri.
Salvini però tiene duro. Ieri ha riunito a Montecitorio i colonnelli, da Giorgetti a Molinari: più che fare autocritica, si è impegnato a stringere i bulloni del Carroccio gettando le basi non solo per un coordinamento territoriale, ma per una segreteria politica. "Più delego più sono contento". Tra i leghisti i malumori ci sono, ma per ora si appuntano essenzialmente sugli ’estremisti’ Borghi e Bagnai, sponsor di una linea antieuropeista che diversi non condividono. In realtà nel mirino inizia a esserci lo stesso leader: ciò che fino a pochi mesi fa era inimmaginabile fa sta diventando plausibile. Lo stesso Giorgetti in privato scalpita. E Zaia si tuffa nell’amministrazione di quel Veneto che l’ha incoronato. In questo quadro Salvini annuncia che "i tre leader si sentiranno "presto", ma i mal di pancia nel centrodestra sono destinati a crescere. La mozione contro l’Azzolina fortemente voluta dall’ex vicepremier verrà votata a malincuore dai forzisti, convinti che sia un errore tattico perché destinata a rafforzare il governo. Tutto lascia pensare che all’assemblea dei deputati il 30 si leverà il coro anti-Salvini intonato ieri dai senatori. "Basta seguirlo: riprendiamo i nostri temi", riassume Cangini.
Ma la soluzione in mano non ce l’ha nessuno perché al momento non c’è. L’unica via passa infatti per una sostituzione del Capitano per cui i tempi – ammette un dirigente azzurro avvolto nell’anonimato – i tempi non sono ancora maturi. Quella del resto è l’eventualità più temuta dal centrosinistra, perché una Lega in mano al pragmatico partito del Nord e accettabile a Bruxelles potrebbe lanciare la proposta di un governo di unità nazionale per affrontare la crisi. La sola mossa nella maggioranza che governa il Paese oggi davvero temuta.