Giovedì 25 Aprile 2024

Caso Yara, svolta sul Dna Reperti da riesaminare

Bossetti, all’ergastolo per l’omicidio della 13enne, vince il ricorso in Cassazione .

BERGAMO

La difesa di Massimo Bossetti, l’uomo che sconta una condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio potrà visionare i reparti. Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, difensori del muratore di Mapello, lo chiedono da tempo e oggi sembrano segnare un punto "pesante" a loro favore. La prima sezione della Cassazione, in camera di consiglio, ha accolto con rinvio davanti alla Corte d’Assise di Bergamo il ricorso dei legali di Bossetti e annullato l’ordinanza del 21 novembre della stessa Assise bergamasca che come giudice dell’esecuzione aveva negato alla difesa il diritto di accedere ai reperti confiscati. Questo per svolgere indagini difensive che avrebbero potuto preludere a una richiesta di revisione del processo. Con questa decisione degli ’ermellini romani’ una nuova sezione della Corte d’Assise di Bergamo dovrà consentire alla difesa di accedere ai reperti (a cominciare dai 54 campioni di Dna rimasti sugli indumenti di Yara) nei limiti già fissati da tempo: una presa di visione e non un esame invasivo. Contestualmente, andranno stabilite le cautele opportune per garantire l’integrità dei reperti.

Per la prima volta dall’inizio del caso Yara la difesa potrebbe visionare i reperti. Effettuata questa ricognizione, se la difesa ne farà specifica richiesta, la Corte d’Assise dovrà valutare se siano concretamente possibili nuovi accertamenti tecnici oppure la loro manifesta inutilità. "I nostri ricorsi – dice Salvagni – erano uno per la possibilità di esaminare i reperti e l’altro per conoscere luogo e stato di conservazione. Sono sempre stati presentati in parallelo e questa era la sesta volta. Anche se non conosco il dispositivo della Cassazione, ritengo che se è stato accolto il primo sia stato accolto anche il secondo. Se le cose stanno così, non posso che essere molto soddisfatto. A questo punto la difesa può finalmente iniziare un percorso per dimostrare che quel Dna di Ignoto 1 non appartiene a Massimo Bossetti".

È solo l’ultimo atto (per ora) di una sorta di guerra punica iniziata nel 2019. Era stato allora che i difensori di Bossetti avevano chiesto l’esame di una serie di reperti: le provette con i 54 campioni di Dna, gli slip di Yara con impressa la traccia biologica dell’assassino (quell’Ignoto 1 che la genetica ha identificato in Bossetti), i leggings, la biancheria, le scarpe, e tutto quello che la 13enne indossava il 26 novembre del 2010. Una data importante era stata quella del 29 novembre 2019: la Corte d’Assise bergamasca aveva accolto l’istanza della difesa, presentata tre giorni prima. La mattina dopo i legali di Bossetti avevano notificato la decisione alla Procura e all’ufficio corpi di reato del tribunale e chiesto la conservazione dei reperti. Il 2 dicembre, il presidente della prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo, aveva inviato all’ufficio corpi di reato un provvedimento in cui precisava che quanto autorizzato doveva essere inteso come una ricognizione alla presenza della polizia giudiziaria e quindi non erano consenti esami invasivi. Nulla poteva essere toccato o preso. Da allora l’istanza della difesa per conoscere tempi e modalità di un’operazione comunque autorizzata erano state respinte.

Gabriele Moroni