Venerdì 26 Aprile 2024

Carabinieri a scuola: cacciati gli studenti "Sono in Dad, stare in classe è vietato"

Blitz in una media del Bresciano. Il preside: "Li ho fatti entrare perché a casa non si collegavano". I militari ai genitori: "Vigilate"

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di Federica Pacella

Lungo la strada che, seguendo la pendenza della montagna, conduce alla scuola ‘Moretti’ di Casto, regna ormai il silenzio, interrotto solo dal passaggio di qualche auto. Poche presenze animano la scuola media, dipinta di un bel arancione vivace che risalta rispetto al verde dei monti che la circondano. Da dieci giorni l’ordinanza regionale ha decretato la chiusura di tutte le scuole bresciane causa l’aumento dei contagi, ma qui a Casto, comune di 1.700 abitanti in Val Sabbia, una delle operose valli della provincia bresciana, oltre al virus, è arrivato anche l’intervento dei Carabinieri a ridurre il già esiguo numero di studenti che ancora possono frequentare le lezioni in presenza.

"Il plesso conta 80 studenti, in presenza ormai ce ne sono solo 10", spiega Paolo Ferretti, il dirigente dell’IC Vestone, che include anche la media di Casto. Erano in 15, invece, fino a venerdì mattina, quando i militari, passando casualmente davanti all’istituto, hanno notato nel parcheggio la presenza di auto che ha attirato la loro attenzione, visto che, in zona arancione rafforzata, le scuole sono chiuse. In realtà, se la maggior parte degli studenti frequenta a distanza, per alcuni, come i ragazzi con disabilità, i ‘bes’ (bisogni educativi speciali), ragazzi sprovvisti di computer, ed ora anche per i figli degli operatori sanitari e servizi essenziali, è possibile mantenere le lezioni in presenza. Tra i 15, tuttavia, ce n’erano alcuni che non rientravano in queste ‘categorie’: erano, infatti, stati ammessi anche ragazzi che avrebbero semplicemente faticato a concentrarsi sulla lezione con la Dad.

"Era già accaduto nelle precedenti parentesi di zona rossa – spiega Ferretti – non ci siamo resi conto che, a livello normativo, questa situazione non è come le precedenti". I docenti hanno spiegato ai Carabinieri i motivi per cui ciascuno studente era presente in classe, arrivando alla fine a valutare che almeno 5 erano ‘fuori luogo’. "Non tutti gli alunni presenti avevano disabilità riconosciute – è stato messo a verbale - ma alcuni venivano fatti affluire semplicemente perché da casa non partecipavano attivamente e quindi si era optato per farli presenziare al fine di tenerli maggiormente sotto controllo". Presto fatto: i genitori sono stati richiamati per portare a casa i figli. Nessuna conseguenza, comunque, per la scuola, né per le famiglie, richiamate a vigilare sui ragazzi. "Il maresciallo mi ha assicurato che è una pratica chiusa – sottolinea Ferretti – io ho inviato subito una nota per spiegare che abbiamo ridotto all’essenziale il numero di ragazzi che possono venire a scuola, una decina".

Va detto che per i dirigenti non è facile districarsi tra le norme in continuo cambiamento. "C’è l’autonomia scolastica – ricorda il dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale bresciano, Giuseppe Bonelli – e non possiamo noi stabilire cosa devono fare i dirigenti. Certo è che se sei in un paesino, dove non ci sono molti contagi, c’è il personale e sono disponibili gli spazi per tenere i ragazzi distanziati, magari non è proprio necessario chiudere tutto. La situazione nel Bresciano è la più varia, si va da chi, come il Comune dei Brescia, apre anche per i figli degli operatori sanitari, a chi non apre neanche per i Bes. Capisco, comunque, anche la buona fede delle Forze dell’ordine". Un caso certamente inedito, quello avvenuto a Casto: prima del’era Covid, semmai le forze dell’ordine intervenivano perché i ragazzi andassero a scuola. Ma in tempi di pandemia succede anche il contrario.