Mercoledì 24 Aprile 2024

Breivik perseguita i sopravvissuti Lettere dal carcere: "Presto uscirò"

Il terrorista di Utoya tormenta i parenti delle vittime. Le autorità non lo fermano: c’è la libertà d’espressione

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di Roberto Giardina

Un incubo senza fine, per i superstiti e i parenti delle vittime dell’attentato di Utoya. Anders Breivik, oggi 42enne, il 23 luglio del 2011 uccise 77 giovani tra la capitale e l’isola a una trentina di chilometri da Oslo. Dal carcere continua a scrivere lettere, giustificando la strage, sostenendo di essere perseguitato dallo Stato che viola i diritti umani. Ma è protetto dalla legge che garantisce ai detenuti la libertà di pensiero. "Non possiamo impedire a Breivik di scrivere – si giustifica Vidar Stromme, il direttore del carcere di Skien, dove è detenuto – finché non minaccia e non mette in pericolo i cittadini". Breivik è un grafomane, in cella ha scritto un memoriale di 1.518 pagine in cui spiega i motivi che lo hanno spinto a uccidere, sostenendo di aver voluto dimostrare contro l’invasione islamica, e accusa i vari responsabili del declino della nostra civiltà, tra i molti papa Benedetto e Obama. I suoi scritti si trovano regolarmente in Internet e dal carcere Breivik intrattiene stretti rapporti con i suoi seguaci in Norvegia e all’estero.

Alle 15.25 del 22 luglio, Breivik fece esplodere un’auto nel centro di Oslo, davanti gli uffici del primo ministro, provocando otto morti e dieci feriti. Due ore dopo raggiunse Utoya, indossando la divisa di poliziotto, e per un’ora e mezzo sparò ai ragazzi del campeggio estivo organizzato dal partito socialista. Le vittime alla fine furono 77, quasi tutte tra i 16 e i 18 anni. In gennaio il tribunale dovrà decidere se concedere la libertà vigilata al terrorista norvegese condannato a 21 anni (in Norvegia non esiste l’ergastolo), anche se non ha alcuna possibilità di tornare libero perché non si è mai pentito. Un altro paradosso: all’inizio del processo, nel 2012, una perizia psichiatrica stabilì che Breivik soffriva di schizofrenia paranoide. Una successiva perizia lo giudicò sano di mente. Se fosse finito in una clinica psichiatrica non sarebbe uscito se non dichiarato guarito, cioè mai. Invece potrà uscire tra una decina d’anni, dopo aver scontato la condanna a 21 anni, il massimo previsto dal codice norvegese.

Lysbeth Rooneyland, presidente del comitato dei parenti delle vittime, è perseguitata dalle lettere di Breivik, che l’accusa di diffamarlo: "Ogni volta provo una stretta al cuore, ha ucciso mia figlia Synne, come perdonarlo? E purtroppo non è folle". Il corpo di Synne fu trovato cinque giorni dopo il massacro, Breivik l’aveva uccisa con tre colpi alla nuca. Se la polizia fosse intervenuta subito si sarebbe salvata, accusa la madre. Kamzy Gunaratman aveva 23 anni, profuga dal Sri Lanka, si mise in salvo a nuoto. È stata eletta vice sindaco di Oslo e oggi siede in Parlamento: "Breivik mi ha scritto una lettera di 22 pagine, aveva firmato con il nuovo nome che si è scelto, quando ho capito che era lui mi sono sentita sprofondare il pavimento sotto i piedi. Breivik è il risultato della società norvegese". Sono trascorsi 10 anni, ma il 60 per cento in Norvegia ritiene che si faccia poco o nulla contro l’estremismo di destra, si tutelano i diritti dei killer e non si pensa alle vittime.